L’EPILESSIA NELLE TRADIZIONI SCIENTIFICHE

DELLA SCUOLA MEDICA SALERNITANA

EPILEPSY IN THE SCIENTIFIC TRADITIONS
OF THE SALERNO MEDICAL SCHOOOL

 

Domenico Cassano, Ambulatorio Territoriale per le Cefalee, Distretto 60, 84014 Nocera Inf. (SA)

 

info@domenicocassano.it

 

Abstract. L’Autore, dopo una breve introduzione relativa alle origini ed ai primi sviluppi della Scuola Medica Salernitana, descrive lo stato della conoscenza sull’epilessia nel XII secolo, definito “il periodo aureo”,  quando la Scuola raggiunge il suo picco, tanto da oscurare tutte le altre  quanto a magistero, studi e ricerca. Degno di nota è l’origine dell’etimo “epilessia” che non alluderebbe alla “caduta precipitosa” quanto ad una “epi lesio”, vale a dire una lesione “alta”, dei ventricoli cerebrali ritenuti al tempo il centro dell’integrazione cosciente. Fondamentale viene ritenuto il legame con le fasi lunari, il che giustifica il termine “mal di luna”. Questa impostazione dominerà il dibattito scientifico nel corso dei secoli successivi, protraendosi fino ai nostri giorni, in una querelle a tutt’oggi ancora irrisolta.

 

Parole Chiave: Epilessia, teoria umorale, morbum lunaticum, mal di luna

 

Introduzione

Dalle origini al XI secolo

Le prime testimonianze storiche della Scuola Medica Salernitana risalgono al X secolo. La leggenda ne attribuisce la fondazione a quattro dottori: l’ebreo Elino, il greco Ponto, l’arabo Adela e il latino Salerno, indicando in tal modo che l’Ars medica salernitana nasce dalla confluenza di queste quattro culture.

La posizione geografica della città, al centro dell’area mediterranea, le conferì  un ruolo primario nei traffici con l’Oriente e l’Africa, mediato attraverso Amalfi e la Sicilia.

Il fenomeno dei monachesimo benedettino, iniziato a Montecassino, fu un altro fattore determinante alla crescita degli studi scientifici e  della pratica medica in Salerno, dove fu fondata l’Abbazia di San Benedetto.

Le attività mediche ebbero luogo nelle infermerie dei monasteri ad opera di dottori – molti dei quali erano donne – che praticarono la loro professione all’inizio empiricamente e in proprio,  successivamente attraverso associazioni, elaborando ipotesi speculative e didattiche.

Nell’XI secolo, due fondamentali figure contribuirono allo sviluppo della Scuola: Alfano I, vescovo e scienziato, che tradusse dal greco De natura hominis di Nemesio da Emesa, trasferendo nella cultura mediterranea la tradizione scientifica platonica e aristotelica. I suoi libri - De quattuor humoribus e De  pulsibus – richiamano alle antiche teorie delle dottrine ippocratico-galeniche: la malattia viene spiegata sulla base di una perdita di equilibrio, entro il corpo umano, dei quattro umori (sangue, bile, flemma e bile nera); le terapie sono adottate per ribilanciare l’equilibrio utilizzando elementi diagnostici derivati dalle urine, febbre ed esame dei polsi. 

Altro principale maestro fu Costantino Africano, il primo promotore della scienza medica islamica nell’Occidente. Dopo una vita di studi e viaggi dalla Persia all’Arabia e Spagna, nella seconda metà dell’XI secolo giunse a Montecassino, dedicandosi alla traduzione di numerosi trattati di medicina classica, ebrea e islamica. In particolare la traduzione del  Kitab-al-maliki di Ali-ibn-Abbas, uno dei più importanti testi farmacologici di medicina araba, conosciuto come Pantegni, arricchì le conoscenze della Scuola di numerosi rimedi, fino ad allora sconosciuti.

                                                          

Il “periodo aureo”

Il XII secolo rappresenta per la Scuola il “periodo aureo” (fig. 1), ricco di manuali patologici e terapeutici. Le antiche teorie furono riviste e i dottori assunsero maggiore tendenza critica verso di esse. Sebbene le intenzioni pratiche e gli obiettivi didattici rimasero fondamentali, viene mostrato  maggiore interesse verso i princìpi teoretici generali. Nel mondo scientifico di questo secolo spiccano nomi di importanti personalità quali Maestro Bartolomeo, col suo manuale Practica, al tempo il più importante testo di patologia generale; Maestro Salerno che scrisse una serie di trattati - Catholica, Compendium, Tabulae – su diagnosi e trattamento; Nicolò Salernitano col suo Antidotario, un trattato di  terapia farmacologica ampiamente usato nella Scuola. Ad alcuni dei testi di questo periodo ci riferiremo per descrivere lo stato della conoscenza sull’epilessia.

 

 

                                      

                       

Fig. 1

 

Fig. 1. Miniatura contenuta nel codice di Avicenna (XIV-XV secolo). In una idealizzata cornice ambientale, ricca di colli, cinti da torri contornati da filiere di alberi, che si affacciano su un golfo solcato da numerose navi, campeggia un uomo dalla clamide rossa: è Roberto il Guiscardo, duca di Normandia, che ritorna dalla prima crociata per recarsi in Inghilterra, dove sarà nominato re degli Angli, essendo morto il fratello Guglielmo. Si ferma a Salerno per un consulto medico: una freccia avvelenata gli ha trapunto il braccio. Il verdetto è spietato: solo colui che succhierà il sangue dalla ferita potrà salvargli la vita, a discapito della propria. Il re rifiuta. Ma di notte, la moglie, Sibilla di Conversano, mentre il marito dorme, compie l’eroico gesto, sacrificando la propria esistenza a vantaggio di quella del re. Roberto si congeda dai dottori chiedendo loro un vademecum contenente i princìpi dell’antica arte ippocratica salernitana. Nasce così la “dedica della salute al  re degli Angli” contenuta nel Regimen Sanitatis. Sulla sinistra, la moglie del duca, nell’atto di ricevere degna sepoltura. Sulla destra, il torrente Fusandola, dove la tradizione vuole sorgesse la Scuola. L’anno è il 1103.

 

 L’originale significato dell’etimo epilessia

Maestro Ferrario nel suo trattato “Curae” scrive letteralmente “epi lesio, idest superiorum lesio inde epilensia”: dunque non si allude alla caduta precipitosa bensì ad una lesione alta dei ventricoli cerebrali (superiorum), ritenuti al tempo il centro dell’integrazione cosciente. Le cavità cerebrali (dette cellulae) venivano considerate in numero di quattro o tre (in realtà le prime due, rappresentate dai ventricoli superiori, erano presenti  in coppia per cui se una veniva lesa, l’altra era vicariante). Richiamandosi ai princìpi della medicina aristotelica, si riteneva che le informazioni derivanti dai cinque sensi venissero unificate in una stuttura impari e mediana, il sensus communis e da qui trasmesse  - in virtù di un gradiente termico - alle varie cellulae per essere sottoposte “al vaglio”: dalla cellula estimativa a quella cogitativa fino a quella memorativa, dove venivano impresse nella materia cerebrale bianca e soffice,  così come il sigillo s’imprime nella cera molle.

La causa, secondo i princìpi della medicina ippocratico-galenica, è attribuibile ad una “oppilazione” (occlusione) dei ventricoli cerebrali, con conseguente accumulo degli umori, che non possono dunque più essere scaricati nelle varie cavità craniche (naso, bocca, orecchio e occhio), connesse con la cellula anteriore.

In rapporto all’entità del blocco, si distingue sul piano semiologico, una epilessia maggiore, con movimenti degli arti, tremore diffuso a tutto il corpo, senso di costrizione, fuoriuscita di bava dalla bocca; una epilessia minore, caratterizzata da soli movimenti del corpo.

 

Il mal di Luna

Richiamandosi alla tradizione ippocratico-galenica, i maestri della scuola considerano fondamentale  il legame con la luna, attribuendo al satellite della terra un ruolo di primo piano nello scatenamento della crisi convulsive, il che giustifica l’appellativo “mal di luna”. Già Ippocrate nei suoi Aforismi sostiene che “… più vicino degli altri, questo pianeta influisce più sul capo che sulle membra, e domina il cervello”. 

Determinante appare il legame con le  fasi lunari. Magister  Salernus nel suo testo  Catholica scrive:

 “ Così come afferma Galeno, l’epilessia sopraggiunge col calare della luna e deriva dalla materia secca. Può poi ripresentarsi col crescere della luna e deriva dalla materia umida”.  

Questa impostazione dominerà il sapere scientifico fino ai nostri giorni, dando origine a diatribe culturali a tutt’oggi ancora vive quanto irrisolte, anche a fronte dei notevoli  sviluppi della moderna neurofisiologia che nasce a partire dal XIX secolo grazie agli studi di Marshall Hall e di Hughlings Jackson.

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Tab. 1

INFLUENZA DELLE FASI LUNARI
SULLO SCATENAMENTO DELLA CRISI EPILETTICA (SEC. XIX-XX)

 

·          AZIONE INCERTA (LEURET, JOSAT)

·          MASSIMO DEGLI ACCESSI NELL’ULTIMO QUARTO (DELASIAUVE), SE IN COINCIDENZA  CON TEMPO NUVOLOSO E TEMPESTOSO (SCHIAPARELLI)

·          MASSIMO DEGLI ACCESSI NEL PRIMO QUARTO (BERTHIER)

·          AZIONE NULLA  (BOMBARDA, TOULOUSE, PIERON)

·          AD OGNI CAMBIAMENTO DI LUNA (TAMBURINI)

·          NELLA SECONDA FASE, IN COINCIDENZA CON TEMPO NUVOLOSO   E TEMPESTOSO  (LOMBROSO)

·          NEL PERIODO DI ACCRESCIMENTO DELLA LUNA, IN COINCIDENZA   CON TEMPO NUVOLOSO E TEMPESTOSO (MARIE)

 

                                                                                               DA V.M.BUSCAINO, 1936

 

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Tab. 2

INFLUENZA DELLE FASI LUNARI
SULLO SCATENAMENTO DELLA CRISI EPILETTICA (SEC. XXI)

 

Incremento della frequenza delle crisi nei giorni di luna piena. Polychronopoulos P et al,  Neurology,  2006 May 9;66(9):1442-3

 

L’insorgenza di crisi epilettiche può essere influenzata dalla luminosità notturna più che dalle fasi lunari. Baxendale S et al, Epilepsy Behav., 2008 Oct; 13 (3): 549-50

 

Incremento di crisi epilettiche nell’ultimo quarto di lunari. Benbadis SR et al, Epilepsy Behav. 2004,  Aug; 5 (4): 596-7

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Trattamento

Da esperti conoscitori del mondo vegetale, i Maestri della Scuola propongono una larga varietà di rimedi. Primo fra tutti la Valeriana e numerosi “semplici”, molti dei quali dotati di proprietà diuretiche: Pireto, Violetta, Adriano, Blanca, Diacastoreo, Gallia muscata, Menfito jerogopodio, Pliris, Sotira magna e Peonia;  la Tiriaca, un “antiveleno” a basse di oppio, già usato da Galeno per numerosi disturbi;  preparati a base di acqua di rosa, ottenuti con procedimenti di distillazione alcoolica (per ascensum) o con oli essenziali (per discensum), prodotti direttamente dai maestri Platearius e Salernus. 

Altri trattamenti sono rappresentati dall’ applicazione di sanguisughe (le cosiddette “sanguette”)  e la trapanazione chirurgica.

 

Il link con le tradizioni popolari

Uno dei meriti della Scuola fu anche la diffusione delle dottrine e delle cure attraverso la tradizione orale: si ricordi che il Regimen Sanitatis, frutto di un lavoro collettivo, passa da 262 versi della I edizione ai 3520 dell’ultima. Esso è scritto in rime leonine (baciate) affinchè possano essere facilmente memorizzate.

In Campania, è ancora largamente diffuso il culto di San Donato, protettore degli epilettici. Nella Chiesa di Paio Veiano, in provincia di Benevento, è conservata una statua lignea del Santo (di fattura napoletana del XVIII secolo) che presenta, tra gli attributi, la presenza della mezza luna (fig. 2).

           

Fig. 2. Statua lignea di San Donato, conservata nella Chiesa di Pago Veiano in provincia di Benevento: tra gli attributi del Santo si può notare la presenza della mezza luna.

 

 

 -------------------- Fig. 3. Lune antiepilettiche: amuleti usati per proteggere dal  male

 

 

Conclusioni

Concludiamo, citando la famosa regola della salute, che condensa in pochi versi la summa di un magistero la cui eco è ancora viva e ben lungi dall’essere spenta:

 

“Scrive tutta la Scuola di Salerno al Re degli Angli:

Se vuoi guardarti dai mali, se vuoi stare sano,

scaccia le gravi preoccupazioni, non abbandonarti all’ira.

Sii sobrio nel bere, moderato nel mangiare,

non ti sia gravoso il passeggiare dopo il pranzo,

evita il sonno pomeridiano, non trattenere l’orina,

non comprimere l’ano con lo sforzo.

Se tu osservi queste regole con cura, vivrai sano molto a lungo.

Se ti mancano i medici, ti siano medici questi tre princìpi:

mente lieta, riposo, dieta moderata”.

 

Bibliografia

[1] Oldoni M (1988): Un Medioevo senza santi, La Scuola Medica di Salerno dalle origini al XIII secolo. In La Scuola Medica Salernitana. Napoli: Electa.

 

[2] De Martino A (1988): Costantino Africano.  In La Scuola Medica Salernitana. Napoli: Electa.

 

[3] De Renzi S (1852-1859): A cura di, Collectio Salernitana, Napoli, 1852-1859 (rist. anast., Bologna, 1967).

 

[4] Giocosa P (1901): Magistri Salernitani nondum editi. Catalogo ragionato della esposizione di Storia della medicina aperta in Torino nel 1898. Torino.

[5] D. Cassano e C. Colucci d’Amato (1992). “The moon” and “the blood”: two  emblematic symbols in headache and epilepsy according to scientific traditions of the Salerno Medical School  and popular medicine in southern Italy,  Yournal of the history of the neurosciences, vol I, n. 2, april 1992, Smith-Gordon, London

[6] D. Cassano (1996): Neurology and the Soul: from the origins until 1550. Journal of the history of neurosciences, Vol 5, n. 2, august 1996, Swets & Zeitlinger Publishers, London.

 

[7] Sinno A (1987):  Regimen Sanitatis Scholae Salerni, ed. Mursia, Milano.

 

[8] Alfinito E (1988): Il Regimen Sanitatis Salernitanum. In La Scuola Medica Salernitana.

Napoli: Electa.

[9] Magnus Hippocrates Medico-Moralis - Ad utramque corporum scilicet, ..... Aphorismorum expositionem accomodatus - Authore Fr. Dom. Barisano - Torino MDCLXXXII, citato in  " LA  LUNA "  di Alfonso Fresa - Movimenti, topografia, influenze e culto. Casa Editrice Ulrico Hoepli - Milano, 1933.

[10] V. M. Buscaino (1938). Etiologia dell’accesso epilettico in “L’ospedale Psichiatrico”, ann.4, Rivista dell’Ospedale Psichiatrico, Napoli


 

 

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