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Un corretto approccio  per un  sintomo spesso sottovalutato dallo stesso specialista.

 

Primum non nocere: la cefalea in età evolutiva

 

di Marco Carotenuto  (*)

 

In età evolutiva la prevalenza della cefalea si attesta intorno al 30-36% e rappresenta la prima causa di consultazione del medico per sintomatologia dolorosa, soprattutto in Pronto Soccorso. Rispetto alla varietà presente in età adulta, nel bambino il quadro delle cefalee sembra dominato principalmente dalle forme primarie di tipo emicranico e di tipo tensivo, essendo rara la prevalenza di altre forme.

Il sintomo cefalea tende ad essere sottovalutato in età infantile anche dallo stesso Specialista e tenuto per troppo tempo in stand-by nell’illusione che sia legato ad altro, magari a “problemi psicologici”, come se questi ultimi fossero l’equivalente di dire che il bambino non abbia nulla.

Per contro, la letteratura scientifica degli ultimi quindici anni ha focalizzato l’attenzione sul ruolo dei fattori di vita stressanti nel rinforzo della patologia cefalalgica, sia nell’età adulta che in quella pediatrica.

In età adolescenziale, per esempio, la presenza di algia cranica, in particolare se di tipo emicranico, si accompagna a un vissuto psicologico molto particolare consistente in ideazione negativa, senso di autosvalutazione, forte limitazione nei contatti sociali causati dalla ricorrenza degli attacchi stessi. Ancora, risolta la fase acuta dell’attacco, permane nel paziente anche il senso della “perdita” del tempo occupato dal sintomo e dalle sue sequele, con effetti spiacevoli sulla qualità della vita, sottolineando il perché un adolescente con cefalea, ancor più che il bambino, necessita di un contenimento emotivo da parte dell’operatore sanitario sia per la delicata fase della vita che attraversa sia per il sentirsi ancora più “diverso” se affetto da una qualsivoglia patologia, soprattutto dolorosa.

Un bambino che si presenta in ambulatorio per una cefalea, quindi, impone al medico la sua completa presa in carico,  necessitando di un’anamnesi non limitata al sintomo bensì quanto più possibilmente articolata e ricca, con riferimento a tutti gli aspetti della vita del piccolo paziente e del suo ruolo nell’ambito della famiglia stessa.

Numerosi sono, infatti, i fattori che devono essere esclusi prima di porre diagnosi di cefalea primaria in un bambino, alcuni noti da tempo e altri nuovi da considerare.

Anzitutto, la Campania detiene il triste primato dell’obesità infantile ed è noto che questa rappresenta un fattore aggravante la frequenza e l’intensità anche in età evolutiva. Pertanto, deve essere chiaro che a parità di sintomatologia un soggetto obeso emicranico (sia adulto che bambino) lamenta una disabilità maggiore.

Di certo è più semplice per un bambino parlare del proprio dolore (in modo più o meno preciso e specifico in relazione all’età) che descrivere le proprie modalità di sonno, soprattutto la qualità del suo riposo. È noto, però, che la modifica delle abitudini di vita e del rispetto dei ritmi circadiani sia da ritenersi una terapia altrettanto importante e valida per la diminuzione almeno della frequenza degli attacchi.

Un aspetto molto importante nella vita di un bambino è quello relativo al rendimento scolastico e alle sue capacità di apprendimento. In maniera molto superficiale, il bambino emicranico viene descritto come molto bravo e tra i primi della classe ma tale informazione spesso nasconde un disagio nell’acquisizione di alcuni apprendimenti, soprattutto di tipo logico-matematico (considerato che la funzione intellettiva tende naturalmente a compensarsi sulle aree carenti).

Ancora, è opportuno anche ricorrere, ove possibile, al monitoraggio di alcuni parametri biochimici . Tra le patologie di maggiore rilievo, da escludere in uno screening ematochimico, si annoverano la malattia celiaca (ma una quota consistente di emicranici presenta un movimento immunitario contro la gliadina, senza per questo giustificarne la diagnosi), le patologie tiroidee (soprattutto di tipo autoimmunitario), alterazioni della coagulazione, alterazioni del metabolismo glicidico (da valutare tramite misurazione della semplice glicemia e dell’insulinemia basale). 

Mutuando poi l’approccio utilizzato nel paziente adulto, spesso si sostiene che la cefalea del bambino non necessita di nessuna indagine strumentale e che è del tutto inutile il ricorso, per esempio, all’elettroncefalogramma (EEG) e ad altri esami neurofisiologici, praticati solo  per scopi non clinici. L’indicazione delle tecniche EEG è invece da promuovere nello studio delle cefalee del bambino perché in una piccola percentuale di casi possono celare anomalie bioelettriche anche rilevanti, che ad un occhio inesperto potrebbero giustificare l’utilizzo di terapie incongrue. Spessissimo infatti l’EEG di un bambino con emicrania rivela la presenza di anomalie specifiche e/o aspecifiche sulle derivazioni temporo-centrali, talora rinforzate tal’altra no,  in corso di prove di stimolazione (SLI e HPN), sempre da verificare se congrue o incongrue con il quadro clinico presentato. L’EEG del bambino con cefalea tensiva, invece, è nella stragrande maggioranza dei casi assolutamente normale e privo della benché minima anomalia.

Ancora, il ricorso agli esami neuroradiologici (TC, RMN, Angio-RMN) dovrebbe essere limitato solo ai casi che presentano una sintomatologia non chiara e/o nei casi in cui ci sia una familiarità per malattie cerebro-vascolari (parenti deceduti al seguito di ictus, IMA o per aneurisma cerebrale) e non per porre diagnosi di sinusite nella convinzione di classificare i sintomi presentati nel gruppo delle “cefalee rinogene” che sono ben altro. 

In conclusione, la cefalea in età evolutiva non deve mai essere sottovalutata in modo da non arrecare danno alla vita dei piccoli pazienti, già fortemente provati da un dolore fisico che subiscono senza comprenderlo e troppo spesso senza essere compresi. 

 

  nnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnnn* Centro Cefalee per l’Età Evolutiva

hhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhCattedra di Neuropsichiatria Infantile

                                                                      Seconda Università degli Studi di Napoli

 

 

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