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Una giornata a San Gregorio Armeno, la “strada dei presepi”. Inestimabili i tesori d’arte: in San Lorenzo un Boccaccio appena ventenne incontrò Fiammetta

 

Tra mille colori e storiche memorie

di Marina Volpe

Cenni storici
Nell’antica architettura urbanistica di Napoli, via San Gregorio Armeno era il cardine che collegava il decumano maggiore, coincidente oggi con via dei Tribunali, e il decumano inferiore, l’attuale Spaccanapoli, all'altezza della Basilica di San Lorenzo Maggiore.
Cardine è il nome con cui venivano indicate le strade che correvano in senso nord-sud e intersecavano perpendicolarmente i decumani (con orientamento est-ovest), secondo uno schema urbanistico a scacchiera, di derivazione greca, tipico delle città romane, ancora oggi perfettamente visibile nel centro storico di Napoli.

La strada dei presepi
Da sempre via San Gregorio Armeno è conosciuta in tutto il mondo come la “strada dei presepi”, in cui ogni anno rivive e si rinnova l’antica tradizione presepiale napoletana. Nel capoluogo partenopeo, infatti, il presepio non è soltanto una consuetudine natalizia, bensì un’arte praticata da secoli che affonda le sue radici nel Medioevo e raggiunge la sua massima espressione tra Seicento e Settecento, quando, sotto l’influenza dell’imperante stile barocco, le scenografie del presepe diventano sempre più ricche e sfarzose e i pastori veri e propri manichini, vestiti con abiti cuciti su misura.

Questa stradina stretta e tortuosa è dunque una tappa obbligata per chi visita Napoli nel periodo natalizio, ma non solo, poiché è animata durante tutto l’anno dalle sue botteghe, dove sapienti artigiani lavorano i pastori di argilla, secondo un’arte che si tramanda da generazioni. Tuttavia, nelle settimane che precedono il Natale, passeggiare lungo via San Gregorio Armeno diventa un’esperienza unica e imperdibile per scoprire l’animo più vero e profondo della napoletanità. Difficile descrivere la moltitudine di botteghe, negozietti e bancarelle che la popolano: è un caleidoscopio di luci, colori e voci, su cui regna un’atmosfera di grande suggestione, in cui convivono la religiosa solennità del Santo Natale e la laicità, a tratti squisitamente profana e irriverente, della tradizione popolare.


Qui si trova tutto ciò che può servire per realizzare o per ampliare il proprio presepe: dalle migliaia di statuine in terracotta agli scenari che comprendono casette di varie dimensioni, in sughero o cartone, grotte e oggetti meccanici di ogni tipo, come ruscelli, mulini a vento e ponti levatoi. Le statue vengono prima modellate, poi lasciate asciugare, infine cotte in fornace e dipinte a mano, con una cura e una passione senza eguali. E’ possibile acquistare interi presepi o statuette singole, con ampia scelta di prezzi. Si parte dalle creazioni più semplici, dai costi modesti, ma prodotte con cura, fino ad arrivare a vere opere d'arte, forgiate secondo la tradizione settecentesca, in legno, terracotta e con abiti confezionati da stoffe antiche.

Un variegato universo di luoghi e personaggi
Tra le statuine, numerosi i soggetti desunti dalla vita quotidiana, che fanno da contorno alla Sacra   Famiglia in scenografie elaborate, curate in ogni singolo dettaglio. Accanto alla Natività, viene così rappresentato, dagli abili maestri partenopei, un variegato universo di luoghi e personaggi: artigiani al lavoro nelle loro botteghe, taverne popolate da osti e avventori, la fruttivendola con il suo banco colmo di primizie, il pizzaiolo intento ad infornare la pizza, il macellaio, l’acquaiola.

Non mancano  poi i personaggi tipici, mutuati dalla cultura popolare, che trovano posto accanto ai più tradizionali re magi, allo zampognaro e al ciaramellaro: Benino, il pastore che dorme in attesa della nascita del bambinello, il dio del vino Cicci Bacco, retaggio delle antiche divinità pagane, i due compari, zi’ Vincenzo e zi’ Pascale, personificazione rispettivamente del Carnevale e della Morte, la zingara, la meretrice, la giovane vergine Stefania, Ruscellio il pescatore, lo scrivano affamato Razzullo e il barbiere matto Sarchiapone.
E ancora, personaggi cari alla tradizione regionale, come la famosa maschera partenopea, Pulcinella, il santo patrono di Napoli, San Gennaro, e gli amati Totò ed Eduardo, ma anche protagonisti dello spettacolo e volti dell’attualità suggeriti dalle cronache, che prendono forma nelle statuine plasmate dalla fantasia e dall’ironia degli artigiani napoletani, destinate a durare lo spazio di un Natale.
Via San Gregorio Armeno è inevitabilmente associata alla tradizione presepiale napoletana. Non va però dimenticato che, come quasi ogni strada dello splendido capoluogo campano, racchiude anche tesori storico-artistici inestimabili.

Il Complesso di San Gregorio Armeno
Da non perdere, per chi giunge in via San Gregorio Armeno, la visita al vasto complesso conventuale, composto dalla chiesa e dal monastero.
Fondato nell’VIII secolo da un gruppo di monache giunte da Bisanzio con le reliquie di San Gregorio per sfuggire alle persecuzioni iconoclaste, è tra i più significativi e suggestivi di Napoli. Successivamente, poiché le monache che giungevano per entrare in clausura erano sempre più numerose, fu necessario ampliare la struttura, con la costruzione, alla fine del Cinquecento, di un più vasto monastero sul lato opposto della strada. I due edifici che componevano il monastero, divenuto tra i più grandi della città, furono uniti da un cavalcavia, che nel 1716 fu sormontato dal campanile che ancora oggi domina via San Gregorio Armeno e ne costituisce un tratto distintivo.

La straordinaria ricchezza del monastero, in barocco napoletano, è visibile già dal sontuoso vestibolo. Di grande pregio artistico il chiostro: una teatrale composizione settecentesca, dominata dalla fontana realizzata da Matteo Bottiglieri nel 1733, decorata con delfini e cavalli marini e da due sculture a grandezza naturale raffiguranti Cristo e la Samaritana.
Fulcro del complesso è la chiesa di San Gregorio Armeno, che secondo alcuni studi e ritrovamenti potrebbe sorgere sulle rovine del tempio dedicato a Cerere, divinità molto importante nella Napoli greco-romana. Esistono infatti diverse ipotesi sull’esatta collocazione del tempio, tra cui la tesi che individua il sito originario al di sotto della chiesa di San Gregorio Armeno, dove furono rinvenute statue di imperatori e divinità, nonché tracce di una casa di sacerdotesse di Cerere, edificata nei pressi del tempio.
La chiesa, a navata unica, conserva una delle decorazioni barocche più ricche e sfarzose ed è caratterizzata da un sontuoso soffitto a cassettoni in legno intagliato e dipinto, col quale si sposa tutta la decorazione, dominata dai colori verde e oro e ideata a metà Settecento da Niccolò Tagliacozzi Canale. Pregevoli i due organi e gli affreschi di Luca Giordano nella controfacciata, risalenti alla seconda metà del Seicento, tra cui Arrivo al lido di Napoli delle monache armene, Traslazione del corpo di San Gregorio e Accoglienza dei Napoletani alle suore, che celebrano le origini del complesso religioso.

La Chiesa di San Gennaro all’Olmo
Da vistare anche la chiesetta di San Gennaro all’Olmo, tra le più antiche di Napoli. Qui si rifugiarono le monache orientali sfuggite alle persecuzioni iconoclaste prima di trasferirsi nel monastero dedicato a San Gregorio Armeno.
Si suppone che la chiesa sia stata una delle prime sei di rito greco fondate al tempo dell’imperatore Costantino. Probabilmente fu invece costruita verso la fine del VII secolo per volontà di Sant’Agnello, tredicesimo vescovo di Napoli.
In origine, veniva chiamata San Gennaro ad Diaconiam, poiché era una delle chiese in cui i vescovi sceglievano i diaconi che dovevano distribuire le elemosine ai poveri, e mantenne il rito greco fino al XIV secolo. Un restauro iniziato nel Seicento e improntato al gusto barocco dell’epoca ne modificò la struttura originaria, con l’introduzione di pregevoli marmi policromi, stucchi e decorazioni tutt'oggi visibili; ancora presenti alcuni elementi originari, come le colonne paleocristiane.
La chiesa ha attraversato un periodo di profonda decadenza e subìto gravissimi danni, a causa delle infiltrazioni e dello stato di abbandono, ed è rimasta chiusa, murata, per quasi quarant’anni. Recentemente è iniziato il suo recupero ad opera della Fondazione Gianbattista Vico, con i primi lavori di restauro e di ricostruzione. Alla chiesa di San Gennaro all’Olmo sono legati sia avvenimenti che personaggi di rilievo storico. Qui fu battezzato il filosofo Gian Battista Vico.
Di fronte alla chiesa, sorge un palazzo molto importante nella storia di Napoli: il Palazzo di San Gennaro, dove nacque il Santo. Nel cortile si legge la lapide a lui dedicata. In questo edificio, alla fine del Seicento, fu aperta dal francese Antonio Bulifon la più grande libreria della città, frequentata da molti intellettuali europei.

San Lorenzo Maggiore
Nell’adiacente piazza San Gaetano, sorge un altro complesso monumentale fra i più antichi e ricchi di Napoli, che comprende la chiesa di San Lorenzo Maggiore e l’annesso convento dei Frati Minori Conventuali. La chiesa di San Lorenzo si erge dove un tempo sorgeva una basilica paleocristiana del VI secolo. La sua costruzione ebbe inizio nel 1270, per volere di Carlo I d’Angiò, in stile gotico provenzale, con le mura affrescate e marmi e colonne di epoca greca e romana.

La facciata barocca, rifatta da Ferdinando Sanfelice nel 1742, conserva il portale marmoreo trecentesco e i battenti lignei originari. L’interno gotico a una sola navata è a pianta rettangolare e presenta nove cappelle poste a raggiera intorno a un deambulatorio; si possono ammirare il Sepolcro di Caterina d’Austria, opera di Tino di Camaino (1323-1324), il maestoso Cappellone di San’Antonio in stile barocco, gli affreschi di Montano d’Arezzo e di ignoti giotteschi. L’altare maggiore in marmo, straordinario esempio di arte rinascimentale, è opera dello scultore napoletano Giovanni da Nola.

La chiesa di San Lorenzo è profondamente legata alla cultura e all’aristocrazia napoletane, essendo la preferita di re e letterati. Conserva le tombe degli Angiò e dei Durazzo, oltre quella di Giambattista della Porta, scienziato, letterato e filosofo naturalista.
In San Lorenzo il ventunenne Giovanni Boccaccio, il 26 marzo 1334, vide per la prima volta la fanciulla celebrata nelle sue opere con il nome di Fiammetta, identificata con Maria d’Aquino, figlia naturale di re Roberto d’Angiò; Boccaccio racconta di questo incontro nel Filocolo.
Accanto alla chiesa e al campanile, l’antica torre della città costruita nel 1487, si sviluppa l’edificio del convento, dove fu ospitato Francesco Petrarca nel 1343. Del convento sono visitabili il chiostro, la sala capitolare e quella del refettorio che, a partire dal 1442, fu sede delle riunioni del Parlamento del regno. Il complesso di San Lorenzo è un esempio evidente della stratificazione urbanistica tipica di Napoli: sotto il convento si visitano i resti dell’antica città. Dal chiostro francescano si accede infatti all’area degli scavi che hanno messo in luce, a partire dal 1929, importanti resti dell’antica città greco-romana, fra cui un macellum (mercato alimentare), l’edificio sede dell’aerarium (tesoro pubblico) e l’acquedotto. Nella chiesa di San Lorenzo Maggiore è possibile ammirare i bellissimi presepi in miniatura, realizzati nei gusci di noce.

 



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