Mirabili  affreschi in un impianto architettonico monumentale
 
La Villa di Poppea: esempio straordinario di villa rurale romana
Oplonti, ricco  quartiere residenziale dell’antica Pompei?
	       Sul  significato del nome Oplonti sono  state formulate numerose ipotesi.
	       Alcuni  studiosi ritengono che il nome derivi dal greco oplon, che significa “gomena”, con riferimento alla teoria che  identifica Oplonti con il porto di  Pompei; altri individuano l’origine del nome nel latino opulus, un albero usato per sostenere la vite; altri ancora collegano Oplonti al latino opulentia, per l’opulenza delle case rinvenute  in questi luoghi.

	     
Al di là delle varie ipotesi, l’unica certezza è che il nome Oplonti non compare nelle iscrizioni locali né sulle antiche mappe e l’esistenza di questi luoghi è attestata soltanto dalla “Tavola Peutingeriana”, una mappa di strade militari, risalente al III secolo d.C., della quale è conservato un rifacimento tardo medioevale nella Biblioteca Nazionale di Vienna. Tale mappa colloca Oplonti a tre miglia da Pompei, in una posizione che coincide con l’attuale Torre Annunziata.
	     
	       In  quest’area non sono state ritrovate tracce di negozi né di uffici pubblici: ciò  avvalora l’ipotesi che Oplonti fosse un  quartiere residenziale di Pompei, dove si rifugiavano gli abitanti più  facoltosi per sfuggire alla vita caotica della città.
	       Le  prime scoperte archeologiche nella zona risalgono alla fine del sedicesimo  secolo, durante gli scavi eseguiti per trasportare l'acqua del fiume Sarno a  tre mulini, ma è durante l’età borbonica che si registrano i primi ritrovamenti  significativi, quando furono riportati alla luce e trasferiti nei musei,  secondo il metodo dell’epoca, numerosi dipinti e preziose suppellettili.
	       Gli  scavi ripresero nel 1964, questa volta secondo la metodica moderna, che  consiste nel lasciare i reperti in loco, e confermarono che anche Oplonti fu sepolta dall’eruzione del  Vesuvio che seppellì Pompei ed Ercolano il 24 agosto del 79 d.C.; la zonafu interessata sia da una pioggia di  ceneri e lapilli, come Pompei, che da colate di fango, come accadde per Ercolano.
La Villa di Poppea - Storia
	       In  questi luoghi è stata rinvenuta la cosiddetta Villa di Poppea, che rappresenta l’esempio più grandioso di villa  suburbana dell’intera area vesuviana per la maestosità della struttura e  l’opulenza delle decorazioni.
	       Le ville suburbane costituivano una tipologia  particolare di abitazione privata, poiché si configuravano sia come luogo di  residenza che di produzione agricola. Erano in genere suddivise in tre parti:  una parte riservata al proprietario della casa, un’altra al fattore e una terza  alle attività produttive.
	       
La Villa di  Poppea non è l’unica villa rurale che sorgeva nell’area di Oplonti. Accanto ad essa, 
infatti, è  stata scoperta una seconda villa, appartenente a un Crasso, probabilmente un  viticoltore, come attestano le numerose anfore ivi ritrovate, recanti tracce di  vino.
	       Sebbene  non sia possibile stabilire con certezza l’identità del proprietario, l’ipotesi  più accreditata è che la villa, al momento dell’eruzione, appartenesse a Poppea, seconda moglie di Nerone, da lui uccisa durante una delle  sue violente crisi. Alcuni indizi sembrano infatti suffragare questa teoria: la  presenza della gens Poppea in questi  luoghi è accertata da numerose testimonianze, mentre nella villa, su un’anfora,  è stata trovata l’iscrizione “Secundo  Poppaeae”, che significa “per lo schiavo – o liberto – di Poppea”; la magnificenza della villa,  inoltre, dimostra l’indubbia ricchezza del proprietario.
	       
	       Al  momento dell’eruzione la villa era disabitata: ne è prova la mancanza, al suo  interno, di tracce di vita domestica interrotta e di vittime. E’ evidente,  invece, la presenza di lavori di ristrutturazione in corso, testimoniati dalla  grande quantità di materiale edile ritrovato nella villa. All’epoca, Pompei e  l’area circostante erano interessate da lavori di ricostruzione per riparare i danni  provocati dal terribile terremoto che aveva colpito la Campania nel 62 d.C.;  lavori che nella villa erano stati probabilmente sospesi in seguito alla morte  improvvisa di Poppea.
	       
	       La  struttura delle mura ci permette di datare la villa attorno al I sec. a.C.
    La  parte più antica della villa è infatti realizzata in opus incertum, una tecnica edilizia romana che si diffuse a partire  dal I sec. a.C., sostituendo l’opus  quadratum del secolo precedente. Quest’ultimo impiegava blocchi quadrati di  tufo e travertino, mentre l’opus incertum utilizzava piccoli blocchi irregolari, tenuti insieme con una mistura di calce  e pozzolana.
Un’altra  parte della villa è costruita in opus  reticolatum, tecnica caratterizzata dalla disposizione  dei blocchi a nido d’ape e adoperata soprattutto  nel I sec. d.C.: ciò indica che la costruzione originaria fu successivamente  modificata e ampliata.
  Anche  le pitture parietali ci offrono informazioni utili sulla data di costruzione e  sono, per ricchezza ed estensione, uno degli elementi più significativi della  villa. Manca il primo stile,  utilizzato fino agli inizi del I sec. a.C., contraddistinto dalla riproduzione  di un effetto marmoreo sui blocchi squadrati, in cui è ripartita la parete, e  da alti zoccoli. Sono invece presenti i due stili successivi, entrambi  utilizzati fino al terremoto del 62 d.C.: il secondo stile, caratterizzato da giochi prospettici che creano una  dilatazione degli spazi, con la raffigurazione di paesaggi e illustrazioni a  soggetto mitologico o religioso dietro colonne dipinte; il terzo stile, in cui le dimensioni dei quadri figurati si riducono e  vengono inseriti medaglioni, ghirlande e altri elementi decorativi.
Nella villa: tra effetti scenografici  straordinari e opulenti affreschi
         La  villa di Oplonti può essere distinta  in tre parti: la parte centrale, più antica, che si affaccia a nord e a sud;  quella esposta a ovest, con le stanze più riccamente decorate e accessoriate, riservate  probabilmente ai proprietari; infine, la parte a est, dove verosimilmente  vivevano dipendenti e servitù, destinata alle attività produttive.
L’ingresso  principale della villa è l’elegante atrio a sud, prospiciente il mare, dotato  di un’ampia vasca centrale adibita alla raccolta dell’acqua piovana, l’impluvium. Ricchi affreschi,  probabilmente volti a celebrare le imprese militari del primo proprietario,  adornano i muri dell’ingresso: un imponente colonnato – l’atrio a sud, infatti,  è sprovvisto di colonne reali – due portali, entrambi decorati con l’immagine  della Vittoria alata, e medaglioni  impreziositi da figure simboliche e religiose.
  Ai  lati dell’atrio si aprono due grandi sale, decorate con pregevoli affreschi: la  stanza posta sul lato sinistro mostra elementi architettonici e stucchi, in un  affascinante gioco di luci e ombre; mentre una suggestiva maschera tragica,  tema ricorrente nelle pitture parietali della villa, scorci di paesaggi dietro  colonne dipinte e raffinate “nature morte” costituiscono gli elementi  decorativi della stanza a destra.

	       L’effetto  scenografico e la magnificenza degli affreschi raggiungono la più alta  espressione nel triclinium, i cui  muri sono interamente decorati con pitture di straordinaria eleganza e mirabile  fattura.
  Su  una parete è raffigurato un maestoso portale, sormontato da uno scudo d’oro e  dall’effigie di  una divinità  protettrice; ai suoi lati, sontuose colonne dipinte, decorate con oro, gemme e tralci  di vite stilizzati. Il resto della sala è interamente affrescato con elementi  architettonici, ornamentali e “nature morte” realizzate con eccezionale  realismo.
         
         
         Dal triclinium si raggiunge l’ampio  salone destinato ai ricevimenti. Qui l’imponente affresco del  tempio  di Apollo, eseguito con un sapiente uso delle tecniche prospettiche: al  centro troneggia uno splendido tripode delfico; ai lati, maschere tragiche e  pavoni variopinti.
La  villa è anche provvista di una zona termale, composta da un frigidarium per i bagni freddi, un tepidarium per i bagni tiepidi e un calidarium per quelli caldi. In  quest’ultimo, preziosi affreschi costituiscono un primo, interessante esempio  di terzo stile: scene di vita quotidiana e figure mitologiche, inserite in  pannelli rettangolari, decorano le pareti e la volta. Il tema di Ercole nel Giardino delle Esperidi è  ripetuto per tre volte: secondo il mito, Ercole si recò nel frutteto per rubare le mele d’oro dell’albero che Gea aveva donato a Era come regalo di nozze, custodito nel giardino dalle tre ninfe e  dal terribile drago Ladone.
  La  parte orientale della villa, infine, dotata di un suo ingresso indipendente,  era destinata alla servitù e alle attività produttive. Essa si sviluppava  attorno al peristylium rustico, un  ampio cortile fiancheggiato da lunghi portici, sul quale si affacciavano  numerose stanze, destinate ai diversi usi e collegate sia al piano superiore  che alle cantine poste al piano inferiore.