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FISIOPATOLOGIA DELLE TACs
PHYSIOPATHOLOGY OF TACS

Dott. Gianluca Coppola,  Università di Roma "La Sapienza", Facoltà di Farmacia e Medicina,Dipartimento di Scienze e Biotecnologie Medico Chirurgiche, Latina

gianluca.coppola@gmail.com

Parole chiave: TACs, fisiopatologia, attivazione trigeminale periferica

Introduzione

Le cefalee autonomico-trigeminali (trigeminal autonomic cephalalgias in inglese, TACs), sono un gruppo di cefalee primarie che fanno parte del capitolo 3 della seconda revisione della classificazione internazionale delle cefalee.  Esse comprendono la forma più comune e cioè la cefalea a grappolo (episodica o cronica), l’hemicrania parossistica (episodica o cronica) e la Short-lasting Unilateral Neuralgiform headache attacks with Conjunctival injection and Tearing (SUNCT). Questo gruppo di cefalee primarie è caratterizzato clinicamente da attacchi di dolore cefalico unilaterale associato a sintomi che derivano dall’interessamento del sistema parasimpatico cranico ipsilaterale al dolore [14]. La durata degli attacchi è la caratteristica principale che distingue le tre forme di TACs.

 

La fisiopatologia

La loro fisiopatologia non è ancora completamente chiara. Quello che comunemente si suppone è che il dolore e gli eventi autonomici cranio-facciali ad esso associati risultano probabilmente dall’attivazione del nervo trigeminale e dalle fibre parasimpatiche craniofacciali. L’attivazione simultanea di questi nervi si pensa sia dovuta all’attivazione del cosiddetto riflesso tronco-encefalico trigemino-facciale[12].

Negli ultimi anni, la comprensione dei meccanismi fisiopatologici delle TACs è notevolmente incrementata grazie alla migliore e più precisa caratterizzazione clinica delle varie forme [3, 5, 8, 44, 48, 49], agli studi di neuro immagini [29, 31-35, 45-47] ed all’introduzione delle moderne tecniche di neurostimolazione allo scopo di trattare le forme di cefalea trigeminale-autonomica resistenti alle comuni terapie sintomatiche e di profilassi[1, 9, 15-21, 23-24, 42].

Dalla classificazione sappiamo che la durata degli attacchi varia in base alla forma di TAC e cioè aumenta progressivamente dalla SUNCT, che ha la durata minore (5 secondi-4 minuti), passando dalla hemicrania parossistica ed arrivando alla cefalea a grappolo, la quale ha la durata maggiore (15-180 minuti). Accurati studi clinici hanno mostrato, invece, che spesso la durata delle varie forme si sovrappone. Per esempio la cefalea a grappolo può alle volte durare meno di 15 minuti o più di 180 [49]. In uno studio, l’hemicrania parossistica durava da 10 secondi a 4 ore [3]. Un attacco di SUNCT può arrivare a durare anche 20 minuti [27]. Spesso le terapie che comunemente funzionano nell’abortire un attacco di cefalea a grappolo possono risultare efficaci anche nella hemicrania parossistica [37] e viceversa [38]. Il trattamento con la stimolazione ipotalamica profonda è risultato efficace nel trattare non solo la cefalea a grappolo, ma anche le altre 2 forme di TACs [26, 50]. L’overlap in durata degli attacchi e la risposta al trattamento rinforzano l’idea che le TACs condividano una fisiopatologia simile.

La tesi dell’origine periferica del dolore ha avuto un discreto successo negli anni passati. Numerose sono state le ipotesi adottate per spiegarla: una infiammazione del seno cavernoso; una vasodilatazione delle arterie intracraniche ipsilaterali al dolore; una disfunzione primaria della prima branca del nervo trigemino o del suo nucleo, anche sulla base delle evidenze di rilascio di CGRP (calcitonine gene releasing factor) e di VIP (vasoactive intestinal peptide) in eccesso durante le fasi più intense di cefalea a grappolo [11].

Evidenze successive hanno mostrato come la sola attivazione trigeminale periferica non basti a spiegare la genesi del dolore nelle TACs. Dopo sezione completa del nervo trigeminale, il cervello di un paziente affetto da cefalea a grappolo continuava ad essere sensibile a processi di vasodilatazione ed infiammazione neurogena periferica [30]. Spesso il dolore nelle TACs non si localizza esclusivamente nel territorio della prima branca del trigemino [3, 49]. La prova definitiva contro l’ipotesi che il nervo trigemino sia la sorgente primaria del dolore nelle TACs è venuta da uno studio di stimolazione profonda dell’ipotalamo posteriore: il nervo trigeminale ed il suo ganglio sono attivati quando lo stimolatore è acceso, non viceversa, e, nonostante ciò, non provoca attacchi [31].

Poco si sa sull’origine dei fenomeni autonomici associati alla cefalea. Tre sono le ipotesi principali: un’origine centrale in associazione ad un disturbo ipotalamico [7]; una vasodilatazione od un edema perivascolare che comprometta il canale carotideo e che abbia come conseguenza una compressione delle fibre parasimpatiche che lo attraversano [13]; o secondaria ad una scarica trigeminale [10]. Ma numerose sono le osservazioni a favore del fatto che il dolore ed i fenomeni autonomici non siano legati inestricabilmente, una per tutte il fatto che alcuni pazienti affetti da cefalea a grappolo (7%) o hemicrania parossistica (3%) non manifestano sintomi autonomici [3, 49]. Inoltre i fenomeni autonomici non sono necessariamente una manifestazione di un riflesso condotto dal trigemino, così come le vie nervose che mediano le 2 caratteristiche (dolore e sintomi autonomici) sono, almeno parzialmente, separate e potrebbero avere diverse soglie di attivazione. Infatti, alcuni pazienti affetti da cefalea a grappolo o hemicrania parossistica hanno episodi caratterizzati dalla presenza di sintomi autonomici ma non di dolore [36, 41], così come è stato visto che dopo sezione della radice trigeminale il paziente continua ad avere sintomi autonomici in assenza di dolore [25].

La regolarità simile ad un orologio (detta in inglese “clocklike”), il loro decorso relapsing-remitting, la ricorrenza stagionale, così come il veloce adattamento al cambio di fuso orario, ha fatto nascere il sospetto che ad essere coinvolto nella patogenesi delle TACs - almeno della forma più frequente, quella a grappolo - fosse l’ipotalamo. Da analisi genetiche emerge che un polimorfismo del recettore 2 dell’ipocretina (HERTR2), gene espresso principalmente nei neuroni ipotalamici, è fortemente associato al rischio di soffrire di cefalea a grappolo [39, 43].

Una ipoattività dell’asse ipotalamo-pituitario-adrenergico nei pazienti affetti da cefalea a grappolo è stata ipotizzata sulla base di osservazioni biochimiche di bassi livelli plasmatici ed urinari di melatonina [2,51], alti livelli plasmatici di cortisolo nelle 24 h [2], ridotta risposta del cortisolo e dell’ACTH al test di iperinsulinemia[22] e bassi livelli plasmatici di testosterone [40].

Le moderne tecniche di neuroimmagini hanno confermato anch’esse un coinvolgimento dell’ipotalamo nell’elicitazione del riflesso troncoencefalico trigemino-facciale, poiché è stato osservato attivarsi durante un attacco di cefalea a grappolo [33], ed è stato visto presentare anomalie strutturali e funzionali [32].

Ma le neuroimmagini hanno mostrato come la regione ipotalamica posteriore non si attiva solo durante un attacco di cefalea a grappolo [33], ma anche di hemicrania parossistica [28], di SUNCT [4], di cefalea non TAC come l’hemicrania continua [29] ed, addirittura, durante un attacco di una emicrania comune [6]. Ciò suggerisce che l’attivazione dell’ipotalamo non è un evento specifico delle TACs, ma probabilmente ha un ruolo fisiologico di modulazione del dolore cranio-facciale.

Visto comunque il forte coinvolgimento dell’ipotalamo nella fisiopatologia delle TACs, alcuni ricercatori hanno provato ad utilizzare una stimolazione stereotassica con elettrodi profondi dell’ipotalamo al fine di interferire con quello che è stato definito il “generatore” del cluster per alleviare il dolore ad essa associato. Sono stati registrati con questa metodica invasiva miglioramenti della sintomatologia nel 60% dei casi [16, 20]. Ma la latenza registrata nell’osservare l’efficacia terapeutica della stimolazione cronica profonda e la sua incapacità di abortire un singolo attacco acuto, suggeriscono come il meccanismo di azione della stimolazione ipotalamica siano complessi e non semplicemente dovuti ad una inibizione dei neuroni ipotalamici [16, 20, 21, 23].

Considerazioni conclusive

In conclusione, studi di follow-up a lungo termine degli effetti del trattamento con stimolatori ipotalamici profondi [1, 15, 17, 18, 24], così come ulteriori studi di neuroimmagini hanno aggiunto ulteriori tasselli per completare il puzzle della fisiopatologia delle TACs. Essi indicano che il ruolo dell’ipotalamo in questa classe di cefalee necessita di ulteriori chiarimenti. Così come va ancora chiarito se le TACs sono dei disturbi interamente cerebrali o se una componente periferica giochi un ruolo nello scatenare il dolore cefalico.


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