Atti del Congresso


GLI OCCHIALI DA RIPOSO: C’È UN RAZIONALE?

THE GLASSES OF REST: IS THERE A RATIONAL FUNCTION?

F.Pellegrino, Oculista, Cava Dei Tirreni (SA)

fabiana.pellegrino@gmail.com


Parole chiave:
occhiale da riposo, refrazione, accomodazione


Introduzione

Per “occhiale da riposo” si intende una correzione che non mira a migliorare l’acuità visiva ma che diminuisce l’affaticamento.
L’occhio da un punto di vista funzionale può essere assimilato ad una macchina fotografica di cui si consideri come obiettivo le due lenti positive date dalla cornea e dal cristallino, come diaframma il forame pupillare e come pellicola sensibile alla luce la retina.
L’obiettivo serve a focalizzare sulla retina i raggi che provengono dal mondo esterno; il diaframma con il suo allargarsi e restringersi consente l’entrata nell’occhio di una quantità di luce sufficiente ad un funzionamento ottimale della retina; quest’ultima trasforma l’energia luminosa che la impressiona in un messaggio visivo visibile ai centri corticali per l’interpretazione.
Nell’occhio il primo diottro è dato dalla superficie anteriore della cornea, il cui potere convergente è di circa 48 diottrie; il secondo diottro è dato dalla superficie posteriore della cornea, che ha un effetto divergente di circa 5 diottrie (pertanto la cornea complessivamente avrà un potere di 43 diottrie); il terzo diottro è dato dal cristallino, assimilabile ad una lente biconvessa il cui potere, oltre che dalla curvatura delle superfici, è dato anche dalla sua struttura a strati concentrici a curvatura crescente andando dalla periferia verso il centro. Il potere convergente della lente è di circa 19 diottrie a riposo e di circa 33 diottrie in stato di massimo sforzo accomodativo.La distanza fra la superficie anteriore della cornea ed il cristallino è di circa 3,5 mm.
La distanza fra la superficie posteriore del cristallino e la retina è di circa 17 mm. La lunghezza totale del bulbo varia fra i 23,5 ed i 24,5 mm.
Si può considerare un occhio normale o occhio emmetrope l’occhio in cui i raggi provenienti da una distanza praticamente infinita andranno a fuoco sulla retina in condizioni di riposo accomodativo.
Quando l’immagine non si formerà sulla superficie retinica l’occhio verrà definito come ametrope.

Le anomalie della refrazione
Le ametropie assosimmetriche sono caratterizzate dal fatto che i raggi provenienti dal punto oggetto
vanno a fuoco in un unico punto sull’asse non coincidente con la superficie retinica. Tra queste ricordiamo la miopia, l’ipermetropia e l’astigmatismo.
La miopia è quel vizio refrattivo in cui il rapporto tra la lunghezza del bulbo oculare ed il potere diottrico è alterato in maniera tale che il potere diottrico è troppo grande rispetto alla lunghezza del bulbo, con il risultato che i raggi paralleli che colpiscono la superficie corneale vanno a fuoco davanti alla superficie retinica. In altre parole il punto remoto ( il punto più lontano che può essere messo a fuoco senza l’intervento dell’accomodazione) invece di essere all’infinito è posto a distanza finita. L’unità di misura è la diottria (D) che è l’inverso della distanza focale: un occhio miope di 1 D mette a fuoco a 1 m, un occhio con 2 D mette a fuoco a 1/2 m, un occhio miope di 3D mette a fuoco a 1/3 m cioè a circa 33 cm. Cause di miopia sono un bulbo oculare più lungo della norma (la causa più frequente), una curvatura corneale superiore alla norma (ad es. nel cheratocono), una curvatura della superficie anteriore del cristallino superiore alla norma  (ad es. nello spasmo accomodativo), un cristallino troppo vicino alla cornea, cioè una camera anteriore più bassa del normale, un indice di refrazione del nucleo del cristallino superiore alla norma (fasi iniziali della cataratta). Sintomo cardine è la pressocchè costante diminuzione del visus da lontano per cui un soggetto miope non rientra nelle specifiche di un occhiale da riposo.
Nell’ipermetropia i raggi vanno a fuoco dietro la retina giacché il potere diottrico dell’occhio è troppo scarso nei confronti della lunghezza dello stesso. Sulla retina perciò non si forma un’immagine puntiforme, ma un’immagine più ampia sfuocata chiamata cerchio di diffusione. La messa a fuoco di un oggetto nell’ipermetropia richiede l’impegno di un’accomodazione superiore che nell’occhio emmetrope: l’iperattività accomodativa dell’ipermetrope (sia da lontano che da vicino) determina un ipertono di tale funzione alla quale può associarsi una convergenza accomodativa eccessiva causa, quest’ultima, di una esoforia che può eventualmente sfociare in una esotropia. Ricordiamo che per esotropia si intende uno strabismo convergente, mentre per esoforiasi s’intende uno strabismo convergente che si manifesta solamente in assenza di visione binoculare (test dello schermo). L’ipermetropia può dipendere da diametro antero - posteriore inferiore allanorma (più frequente), curvatura della cornea inferiore alla norma, curvatura delle superficie del cristallino inferiore a quella della cornea, indice di rifrazione della corteccia del cristallino aumentato rispetto al nucleo (cosicché il potere refrattivo del cristallino nel suo insieme diminuisce), cristallino troppo distante dalla cornea oppure il cristallino è assente (afachia). Nell’adulto l’ipermetropia si rivela quando l’accomodazione non riesce più a compensare lo scarso potere diottrico dell’occhio con difficoltà di visione da vicino, cefalee sottorbitarie od iperemie congiuntivali.
L’astigmatismo è un difetto refrattivo caratterizzato dal fatto che il diottro oculare non presenta lo stesso potere in tutti i meridiani. L’immagine che si forma in tale condizione non è puntiforme, ma andrà a fuoco su due linee l’una perpendicolare all’altra posta su piani diversi: tali linee sono definite ‘focali di Sturm’. L’a. corneale è dato dalla deformazione della faccia anteriore della cornea che non presenta lo stesso potere refrattivo in tutti i meridiani. Anche la superficie posteriore della cornea può essere sede di un astigmatismo che però è di scarsa entità ed interesse. Allo stesso modo, ma di importanza minore, è l’astigmatismo del cristallino. Difficilmente l’astigmatico si lamenterà di scarsa acuità visiva; molto più spesso accuserà una patologia che si acuisce nei lavori da vicino prolungati, con l’insorgere di cefalee, arrossamenti oculari e dolori ai bulbi. Difficoltà che
si manifesteranno anche guardando la televisione o le immagini cinematografiche. L’associazione astigmatismo, blefarite ed iperemia congiuntivale è tipica. L’acuità visiva può essere interessata negli astigmatismi di entità elevata.

L’ accomodazione ed i suoi deficit
L’accomodazione è la funzione che modifica il potere del cristallino in modo da consentire la messa
a fuoco sulla retina di oggetti situati a differenti distanze e da adeguare il valore refrattivo del diottro oculare alla vergenza di raggi luminosi che lo attraversano. L’aumento del potere del cristallino è determinato da una contrazione del muscolo ciliare ( accomodazione positiva); il rilasciamento del muscolo ciliare provoca, al contrario, una diminuzione del potere del cristallino (accomodazione negativa). La contrazione del muscolo ciliare è stimolata da una eccitazione del parasimpatico. Recentemente ha ottenuto una discreta documentazione l’ipotesi che la diminuzione del potere del cristallino non sia dovuta esclusivamente ad un decremento o ad una cessazione della innervazione parasimpatica ma anche ad un intervento attivo della innervazione simpatica del muscolo ciliare. In questo modo entrambe le sezioni del sistema neurovegetativo parteciperebbero attivamente alla funzione accomodativa: il parasimpatico nel mettere a fuoco gli oggetti ravvicinati (accomodazione prossimale) ed il simpatico nel mettere a fuoco quelli distanti (accomodazione distale).
Gli stimoli accomodativi sono:
1. DA SFUOCAMENTO: scatenato dallo sfuocamento dell’immagine sulla retina
2. DA VERGENZE ORIZZONTALI: la convergenza o la divergenza sono di per sè capaci di mettere in funzione l’accomodazione. Alla convergenza si accompagna un aumento del potere diottrico del cristallino ( accomodazione positiva) mentre la divergenza si associa ad una diminuzione del suo potere diottrico ( accomodazione negativa).
3. ACCOMODAZIONE PROSSIMALE: la vicinanza apparente di un oggetto può scatenare un’accomodazione positiva nonostante che l’immagine non si presenti sfuocata e che non sia messa in gioco la convergenza Il punto prossimo di un occhio è il fuoco coniugato della macula di questo in condizioni di massima accomodazione positiva fisiologicamente ottenuta (aumento del potere del
cristallino). La sua distanza dall’occhio rappresenta la distanza minima a cui un soggetto può percepire ancora delle immagini nitide mettendo in gioco tutta l’accomodazione di cui dispone. Il punto remoto di un occhio è il fuoco coniugato della macula di questo in condizioni di assenza di accomodazione.
Per ampiezza accomodativa si intende la differenza fra il valore diottrico del punto prossimo e quello del punto remoto ( cioè la variazione di potere che il cristallino è capace di effettuare).
La sincinesia da vicino comprende convergenza accomodazione e miosi.
In tutte le condizioni in cui l’attività dell’accomodazione si svolge con difficoltà, si manifesta una sintomatologia caratterizzata dalla impossibilità a proseguire per lungo tempo un lavoro da vicino, a causa di annebbiamenti del visus che si succedono con frequenza sempre maggiore, da una cefalea frontale localizzata per lo più alle sopracciglia, da dolori oculari e da iperemia della congiuntiva e dei margini palpebrali.
In presenza di sintomi riferibili ad una astenopia accomodativa, è opportuno misurare le ampiezze accomodative assolute e relative, badando soprattutto che l’accomodazione relativa positiva, per la distanza di lavoro che interessa il paziente, sia almeno pari all’accomodazione relativa negativa e prescrivere, nel caso se ne riscontri la necessità una correzione ottica che soddisfi queste esigenze la convergenza è un riflesso associato all’accomodazione. pertanto è importante che la correzione ottica permetta un’uguale accomodazione dei due occhi oltre che un’uguale acutezza visiva.
In tal modo la convergenza si verifica in maniera fisiologica e non dà luogo ad una lieve diplopia spesso riferita in maniera incostante associata a cefalea. non è sufficiente con l’esame della refrazione dare un buon visus al paziente ma è importante determinare l’ampiezza accomodativa da vicino e una fisiologica convergenza. In mancanza di questo esame soprattutto nelle persone che lavorano da vicino (studenti, video terminalisti, impiegati,..) è possibile che si verifichino cefalee dovute a deficit dell’accomodazione, della convergenza o di entrambe con sfumate forme di diplopia.


Bibiliografia

    • Paliaga, I vizi di refrazione, Minerva Medica 2008
    • Jack J. Kanski, Oftalmologia Clinica,Elsevier Masson 2008
    • Albert e Jakobiec, Principi e pratica di Oftalmolgia