Atti del Congresso

LA CEFALEA POST-TRAUMATICA: MITO O REALTA’?

POST-TRAUMATIC HEADACHE: MITH OR FACT?

Vincenzo Pizza*, Cesare Colucci d’Amato°
*U.O. Neurofisiopatologia, Ospedale S. Luca, Vallo della Lucania, ASL SALERNO
° Dipartimento Neuroscienze, Seconda Università di Napoli

vpizza@libero.it


Parole chiave: cefalea post traumatica, trauma cranico, trauma cervicale, terapia
Introduzione

La cefalea post traumatica è una delle più controverse forme di cefalea a causa della sua propensione alla cronicità e della frequente associazione a rilevanti aspetti medico-legali. Essa segue ad un trauma cranico lieve, moderato o grave ed il diretto nesso di causalità con quest’ultimo è fonte di numerose dispute. Paradossalmente è più comune dopo un trauma cranico lieve [1].
Il suo primo assetto nosografico risale al 625 AC per merito di Paulus Aeginata che la riconobbe quale sequela di un trauma cranico; mentre Teodorico 600 anni dopo osservò come potesse essere sequela di un trauma cranico minore [2].  Nel 1879 Rigler [3] mise in dubbio l’organicità delle lesioni alla testa o alla colonna vertebrale che si verificavano negli incidenti ferroviari notando come tali rivendicazioni erano nettamente aumentate dopo che nelle ferrovie prussiane fu stabilito un sistema di compensazione finanziaria per lesioni accidentali ed introdusse il termine di “nevrosi compensativa”.  Ciò generò un lungo dibattito tra detrattori (Strumpel, Oppenheim, Charcot) ed assertori (Friedmann) dell’organicità di tali lesioni e la prima descrizione dettagliata di sintomi anche gravi in seguito a traumi cranio-vertebrali fu riportata da JE Erichsen nel 1882 [4]. Ben presto tale teoria trovò tenaci detrattori. Nel 1885 H Page [5] sostenne che in assenza di danni fisici delle strutture vertebrali non si possono verificare sintomi di rilievo. Da allora la cefalea post-traumatica e la sindrome post-traumatica hanno sempre evocato nella mente di medici, giudici ed avvocati, il concetto di “disordine di natura funzionale” ed hanno stimolato molti studi tesi alla ricerca del danno “organico” causale (tab. I) [6]. In tempi più recenti Miller (1961) [7] ha così riassunto il punto di vista di chi ritiene la sindrome post concussiva una nevrosi compensativa: “il più consistente quadro clinico è la convinzione del soggetto di essere inabile al lavoro”.  Symonds (1962)  ha ribattuto riflettendo: “è lecito chiedersi se gli effetti della commozione cerebrale, anche minima, sono sempre completamente reversibili?”.

Tab.  I

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Tappe storiche degli studi che hanno fornito una base organica alla sindrome post-traumatica.

  • 1941: dimostrazione nei gatti che quando la testa è libera rispetto a  quando è fissa è necessaria una forza minore per produrre commozione
  • 1943: dimostrazione in modelli di gelatina cerebrale che l’accelerazione del cervello e non l’ impatto in sé costituisce l’elemento responsabile del danno neurologico
  • 1944: dimostrazione nella cavia di una alterazione strutturale del cervello e perdita di cellule cerebrali dopo un trauma chiuso
  • 1945: dimostrazione nelle cavie che un trauma chiuso era responsabile di uno scarso rendimento al test del labirinto
  • 1946: dimostrazione su cranio di scimmie Lucite che durante l’accelerazione della testa vi è un significativo movimento cerebrale
  • 1968: dimostrazione nell’uomo dopo un trauma cranico di grappoli microgliali diffusi e retrazioni assonali (segni di danno nervoso)
  • 1969: dimostrazione nell’uomo, dopo trauma cranico sia lieve che severo, di degenerazione di fibre nervose negli emisferi cerebrali e nel tronco dell’encefalo
  • 1983: dimostrazione nei gatti che un trauma cranico minore produce un esteso danno assonale sia di natura anatomica che funzionale
  • 1989: dimostrazione di terminazioni miste nel tessuto cicatriziale delle lesioni della faccia.

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Dati epidemiologici e classificativi

La cefalea post-traumatica nell’ambito delle cefalee secondarie ha una prevalenza del 4%. La sua incidenza è maggiore nel sesso femminile (49% vs 30%) [2].
I traumi cranici costituiscono il 90% dei traumi del sistema nervoso. Essi sono dovuti nel 45% dei casi ad incidenti stradali, a cadute nel 30% ed infine ad incidenti sul lavoro o domestici nel 20%.La stadiazione dei traumi cranici è effettuata attraverso l’utilizzo di una scala che consente una rapida ed efficace valutazione clinica: la Glasgow Coma Scale.
Nel 25-78% dei traumi lievi segue una cefalea [8] che può verificarsi anche in corso di traumi alla colonna cervicale come il colpo di frusta, ma per tale patologia non sono disponibili dati specifici. Nel 2004 la International Headache Society  ha rivisto i criteri diagnostico-classificativi per la cefalea attribuita a trauma cranico e/o cervicale inserendo anche la cefalea attribuita a colpo di frusta (tab. II) [9].

Tab. II

Criteri classificativi ICDH-II

5. Cefalea attribuita a trauma cranico e/o cervicale
5.1 Cefalea post-traumatica acuta
5.1.1 Cefalea post-traumatica acuta da trauma cranico moderato o severo
5.1.2 Cefalea post-traumatica acuta da trauma cranico lieve
5.2 Cefalea post-traumatica cronica
5.2.1 Cefalea post-traumatica cronica da trauma cranico moderato o severo
5.2.2 Cefalea post-traumatica acuta da trauma cranico lieve
5.3 Cefalea acuta attribuita a colpo di frusta
5.4 Cefalea cronica attribuita a colpo di frusta
5.5 Cefalea attribuita a ematoma intracranico traumatico (nelle vascolari)
5.5.1 Cefalea attribuita a ematoma epidurale
5.5.2 Cefalea attribuita a ematoma subdurale
5.6 Cefalea attribuita ad altri traumatismi cranici e/o cervicali
5.6.1 Cefalea acuta attribuita ad altri traumatismi cranici e/o cervicali
5.6.2 Cefalea cronica attribuita ad altri traumatismi cranici e/o cervicali
5.7 Cefalea post-craniotomia
5.7.1 Cefalea acuta post-craniotomia
5.7.2 Cefalea cronica post-craniotomia

 

5.1.1 Cefalea post-traumatica acuta da trauma cranico moderato o severo
Criteri diagnostici:
A. Cefalea priva di caratteristiche tipiche, che soddisfi i criteri C e D
B. Trauma cranico con almeno uno dei seguenti requisiti:
      1. perdita di coscienza di durata >30 minuti
      2. punteggio alla Glasgow Coma Scale (GCS) <13
      3. amnesia post-traumatica di durata >48 ore (10 minuti)
      4. evidenza neuroradiologica di lesione cerebrale traumatica (ematoma cerebrale, emorragia parenchimale e/o subaracnoidea, focolaio parenchimale contusivo e/o frattura cranica)
C. La cefalea esordisce entro i 7 (14) giorni successivi al trauma cranico o al momento del recupero di coscienza dopo l’evento
D. Uno dei seguenti requisiti:
      1. la cefalea si risolve entro i 3 mesi successivi al trauma cranico
      2. la cefalea persiste, ma al momento dell’osservazione non sono ancora trascorsi 3 mesi dal trauma cranico

5.1.2 Cefalea post-traumatica acuta da trauma cranico lieve
Criteri diagnostici:
A. Cefalea priva di caratteristiche tipiche, che soddisfi i criteri C e D
B. Trauma cranico con tutti i seguenti requisiti:
     1. disturbo di coscienza assente o di durata <30 minuti
     2. punteggio alla Glasgow Coma Scale (GCS) > o = 13
     3. sintomi e/o segni indicativi di sindrome concussiva
C. La cefalea esordisce entro i 7 giorni successivi al trauma cranico
D. Uno dei seguenti requisiti:
     1. la cefalea si risolve entro i 3 mesi successivi al trauma cranico
     2. la cefalea persiste, ma al momento dell’osservazione non sono ancora trascorsi 3 mesi dal trauma cranico

5.2.1 Cefalea post-traumatica cronica da trauma cranico moderato o severo
Criteri diagnostici:
A. Cefalea priva di caratteristiche tipiche, che soddisfi i criteri C e D
B. Trauma cranico con almeno uno dei seguenti requisiti:
      1. perdita di coscienza di durata >30 minuti
      2. punteggio alla Glasgow Coma Scale (GCS) <13
      3. amnesia post-traumatica di durata >48 ore
      4. evidenza neuroradiologica di lesione cerebrale traumatica (ematoma cerebrale, emorragia parenchimale e/o subaracnoidea, focolaio parenchimale contusivo e/o frattura cranica)
C. La cefalea esordisce entro i 7 giorni successivi al trauma cranico o al momento del recupero di coscienza dopo l’evento
D. la cefalea persiste per più di 3 mesi (8 settimane) dopo il trauma cranico

5.2.2 Cefalea post-traumatica cronica da trauma cranico lieve
Criteri diagnostici:
A. Cefalea priva di caratteristiche tipiche, che soddisfi i criteri C e D
B. Trauma cranico con tutti i seguenti requisiti:
     1. disturbo di coscienza assente o di durata <30 minuti
     2. punteggio alla Glasgow Coma Scale (GCS) > o =13
     3. sintomi e/o segni indicativi di sindrome concussiva
C. La cefalea esordisce entro i 7 giorni successivi al trauma cranico
D. la cefalea persiste per più di 3 mesi dopo il trauma cranico

5.3 Cefalea acuta attirbuita a colpo di frusta
Criteri diagnostici:
A. Cefalea priva di caratteristiche tipiche, che soddisfi i criteri C e D
B. Rilievo anamnestico di colpo di frusta (improvviso e brusco movimento di accelerazione/decelerazione del collo) associato a cervicalgia in fase acuta
C. La cefalea esordisce entro i 7 giorni successivi al colpo di frusta
D. Uno dei seguenti requisiti:
     1. la cefalea si risolve entro i 3 mesi successivi al trauma cranico
     2. la cefalea persiste, ma al momento dell’osservazione non sono ancora trascorsi 3 mesi dal trauma cranico

5.4 Cefalea cronica attribuita a colpo di frusta
Criteri diagnostici:
A. Cefalea priva di caratteristiche tipiche, che soddisfi i criteri C e D
B. Rilievo anamnestico di colpo di frusta (improvviso e brusco movimento di accelerazione/decelerazione del collo) associato a cervicalgia in fase acuta
C. La cefalea esordisce entro i 7 giorni successivi al colpo di frusta
D. la cefalea persiste per più di 3 mesi dopo il trauma cranico

 

5.6.1 Cefalea acuta attribuita ad altri traumatismi cranici e/o cervicali 
Criteri diagnostici:

  1. Cefalea priva di caratteristiche tipiche, che soddisfi i criteri C e D

B. Evidenza di trauma del capo e/o del collo di tipo diverso da quelli descritti in precedenza
C. Cefalea con esordio in stretta relazione temporale con (e/o esiste altra evidenza per stabilire una relazione di causa con) il trauma cranico e/o del collo
D. Uno dei seguenti requisiti:
    1. la cefalea si risolve entro 3 mesi dal trauma del capo e/o del collo
    2. la cefalea persiste, ma al momento dell’osservazione non sono ancora trascorsi 3 mesi dal trauma del capo e/o del collo

5.6.2 Cefalea cronica attribuita ad altri traumatismi cranici e/o cervicali
Criteri diagnostici:

  1. Cefalea priva di caratteristiche tipiche, che soddisfi i criteri C e D

B. Evidenza di trauma del capo e/o del collo di tipo diverso da quelli descritti in precedenza
C. Cefalea con esordio in stretta relazione temporale con (e/o esiste altra evidenza per stabilire una relazione di causa con) il trauma cranico e/o del collo
D. La cefalea persiste per più di 3 mesi dopo il trauma del capo e/o del collo

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[9]

Secondo tali criteri  la cefalea post traumatica si manifesta per la prima volta ed in stretto rapporto temporale (entro 7 giorni) con un trauma cranico. Viene definita cefalea post traumatica acuta se scompare entro 8 settimane dal recupero dello stato di coscienza (o dal trauma se non vi è stata perdita di coscienza), altrimenti è detta cronica. La classificazione, inoltre,  differenzia la cefalea associata a trauma cranico moderato e/o severo dalla cefalea post trauma cranico lieve a seconda se sono soddisfatti i criteri riportati in tabella  II ed entrambe ancora in acute e croniche. Vengono poi anche fissati i criteri diagnostici per la cefalea attribuita a colpo di frusta ed altri traumatismi cranici e/o cervicali distinguendo sempre una forma acuta ed una cronica. Infine sono state aggiunte le forme di cefalea attribuita ad ematoma epi-subdurale e post-craniotomia. Vanno escluse le situazioni in cui in seguito al trauma si verifica un peggioramento di una precedente cefalea primaria (classificata secondo tale forma), anche se ciò è in stretta relazione all’ evento traumatico. I casi secondari ad emorragia intracranica ed ipertensione endocranica, ovviamente, vanno esclusi da tale livello diagnostico e sono collocati rispettivamente nel gruppo 6 e 7.

Elementi di fisiopatogenesi
La cefalea post traumatica consegue piu’ frequentemente ai traumi minori che a quelli maggiori; fattori prognostici negativi sono l’eta’ ed il sesso femminile. Piu’ frequentemente è correlata ad una inclinazione o rotazione della testa prima dell’ impatto o collisioni a cui non si è  preparati. Infatti, la causa del danno determinato dallo strappamento delle fibre nervose e dalla disconnessione funzionale tra superficie corticale e sostanza bianca sottocorticale è il movimento di tipo rotazionale dovuto a forze di accelerazione-decelerazione più che l’impatto diretto causa di eventuali lesioni focali [10,11]. In un trauma cranico possiamo distinguere  forze di rotazione e di traslazione. Per effetto di queste, possono svilupparsi rotazioni asincrone tra emisferi cerebrali e cervelletto in grado di determinare un danno diffuso  a carico degli assoni del tronco [12,13]. Le indagini neuroradiologiche non sempre sono in grado di evidenziare le conseguenti lesioni microscopiche, multiple. L’iposmia post-traumatica può considerarsi un paradigma di tali eventi. Infatti, in tal caso le fila olfattorie che non possono seguire neppure minime escursioni cerebrali essendo saldamente ancorate alla lamina cribrosa subiscono  un danno indiretto da contraccolpo (o a volte diretto frontale) [14].
 La differenza tra traumi cranici minori e severi è costituita dall’entità del danno assonale. Secondo Ommaya e Gennarelli [15,16] il danno si verificherebbe in alcune aree cerebrali che sono in stretto rapporto di  protrusioni ossee quali la fossa media, la crista galli, la grande ala dello sfenoide, la prominenza occipitale interna , il tentorio del cervelletto. A ciò seguirebbe  una serie di alterazioni dei sistemi trasmettitoriali , alla base non solo della cefalea, ma anche dei sintomi comportamentali legati a lesioni verosimilmente localizzate nel lobo frontale. Infatti, la sintomatologia affettivo-comportamentale e cognitiva (alterazione delle funzioni esecutive di controllo) rientra nelle funzioni del lobo frontale. Ciò ha portato alcuni autori a proporre la definizione di “disfunzione frontale” [17].
Recentemente è stata associata ai traumi cranici, in particolare a quelli minori, una cascata di alterazioni biochimiche il cui primo evento è la depolarizzazione neuronale seguita dal  rilascio di neurotrasmettitori ed amminoacidi eccitatori e quindi da  disfunzione serotoninergica, alterazioni negli oppiodi endogeni, perdita dell’omeostasi del calcio, alterazioni dell’attività metabolica, cerebrale, alterazioni dei livelli di magnesio [18,19,20]. Molte di queste alterazioni possono essere identificate anche nei soggetti emicranici quasi che vi sia nell’emicrania e nella cefalea post traumatica, soprattutto post traumi cranici minori, un sistema disfunzionale che può attivare alcune vie o circuiti nervosi comuni (tab. III) [19,20].

Tab III

Alterazioni biochimiche comuni tra emicrania e traumi cranici lievi
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Depolarizzazione neuronale
  • Aumento del potassio extracellulare
  • Diminuzione del sodio, cloro e calcio intracellulare

 Amminoacidi eccitatori (EAA)

  • Rilascio endogeno di glutammato > aspartato
  • Rilascio esogeno di acetilcolina

Neurotrasmettitori inibitori

  • Rilascio di beta-endorfina e altri oppiodi
  • Alterazioni nei livelli di acido gammaamminobutirrico (GABA)
  • Diminuzione del magnesio

Altri parametri biochimici

  • Serotonina  > rilascio dalle piastrine
  • Catecolamine > alterazioni nei livelli di norepinefrina, dopamina
  • Ossido nitrico > può essere tossico o protettivo
  • Neuropeptidi > rilascio di sostanza P, peptide gene relato calcitonina, neurokinina A, neuropeptide Y e altri
  • Glucosio  > alterato metabolismo

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Alterazioni emodinamiche, infine, nei pazienti con cefalea post-traumatica sono state riportate da Gilkey et al [21]; in particolare vi sarebbe un ridotto flusso regionale ed asimmetrie emisferiche. Recentemente l'imaging con tensore di diffusione (DTI) ha fornito dati particolarmente interessanti nei traumi cranici lievi. Kraus et al [22] hanno dimostrato che un maggiore coinvolgimento della sostanza bianca è correlato ad un maggior danno cognitivo. Whole-brain atrophy è stata dimostrata anche nei traumi cranici lievi da McKenzie et al [23], maggiormente nei soggetti in cui si è verificata perdita di coscienza. Edema assonale è stato, ancora,  rilevato [24] in seguito a traumi lievi con la possibilità che assoni non lesi in fase acuta possano nelle 24 ore successive al trauma produrre una serie di eventi lesivi in grado di dare una assonotmesi secondaria.

Quesiti clinici e percorsi diagnostici
Nuove forme di cefalee (emicrania, cefalea tipo tensivo o cefalea a grappolo) in stretto  rapporto temporale con un trauma cranico sono classificati dall’ International Headache Society [9] al 5’ livello ovvero Cefalea associata a trauma cranico. I vari tipi di cefalea sono specificati attraverso l’uso di una quarta cifra classificativa, mentre le forme secondarie ad ematoma traumatico intracranico ed a idrocefalo post-traumatico rientrano nei gruppi 6 e 7 rispettivamente.
            Lo strumento valutativo clinico più rapido e preciso dei traumi cranici è costituito dalla Coma Glasgow Scale. Tale scala consente di distinguere i traumi cranici in 3 categorie:

  1. CGS inferiore a 8 : traumi cranici gravi (severe head injury), pazienti in coma;
  2. CGS tra 9 e 12 : traumi cranici moderati (moderate head injury);
  3. CGS tra 13 e 15 : traumi cranici lievi (minor or mild head injury).

La severità del trauma cranico non sembra essere correlata al successivo sviluppo della cefalea  al punto che quest’ultima è ritenuta più spesso la sequela di un trauma cranico minore ed a volte, in percentuali tra il 43-97 %, anche di trauma al rachide cervicale, il colpo di frusta.
Il pattern clinico stimato più frequente in tali forme è quello della cefalea  tensiva, ma anche l’emicrania rappresenta una quota notevole, intorno al 40%. Ancora più spesso è possibile una combinazione di tali forme. Inoltre, la cefalea molto spesso si accompagna ad altri sintomi dando origine alla cosiddetta “sindrome post-traumatica”. Entrano a far parte di tale sindrome i disturbi della memoria e dell’attenzione, le vertigini,   l’irritabilità, l’insonnia, l’ansia e i disturbi dell’umore, la diminuzione della libido, l’intolleranza all’alcool. Le caratteristiche cliniche della cefalea sono comunque variabili e spesso non rientrano completamente nei rigidi criteri diagnostici dell’IHS. La localizzazione spesso è riferita nella zona del trauma, spesso riferita bilaterale o generalizzata o a qualsiasi area della testa (frontale, temporale, oculare, retro-oculare, parietale, occipitale, vertice). Il dolore può essere definito di tipo pulsante o gravativo, come fitte nell’area del trauma o nel profondo della testa, con esacerbazione con i movimenti del capo, con la tosse, con gli starnuti o con l’attività fisica. Possono essere associati dolori neuralgici nelle regioni occipitali e frontali. Generalmente il dolore occipitale viene riferito dal paziente già inizialmente, mentre  il dolore al collo ed alle spalle compare entro 24-48 ore dal trauma. La nuca è spesso coinvolta dal dolore e in tali casi si parla di  “cefalea cervicogenica” (2). Generalmente il fascio neurovascolare occipitale è dolente alla  digitopressione sul punto in cui passa sulla prominenza dell’occipite [6, 25].
Una rara entità che può manifestarsi in seguito a traumi della parete carotidea è la cefalea disautonomica: unilaterale con sudorazione al volto e dilatazione pupillare ipsilaterali [26].
Forme particolari sono da considerare “l’ emicrania del calciatore” (footballer’s migraine) e “del pugile” in cui al dolore similemicranico possono o meno associarsi sintomi neurologici focali della durata di 30-60 minuti. Essa si manifesta a seguito di ripetuti traumatismi minori alla testa [25,26].
Il rapporto con il colpo di frusta non è del tutto chiarito. Certamente le interconnessioni tra nervi cervicali superiori, loro radici, sistema  nervoso centrale e nervi delle strutture craniche possono essere alla base del dolore. Sono più frequenti nel sesso femminile.
Può verificarsi un trauma dell’articolazione temporo mandibolare che determina una difficoltosa apertura della mandibola con scrosci e dolore intrarticolare durante i movimenti di lateralità o nel parlare e che può essere causa di un cefalea [26].
Può talora verificarsi una cefalea da bassa pressione del fluido cerebrospinale. Un trauma, anche banale,  può  essere causa di  ipotensione intracranica per perdita  di liquido cerebro-spinale (CSF)  [27]. Il  meccanismo più probabile è il significativo impatto sull'asse spinale, con conseguente aumento transitorio della pressione del liquido cerebrospinale e quindi strappo della tasca durale della radice [28]. Il trauma contusivo può anche determinare una frattura della lamina cribiforme dell’etmoide , che predispone ad una perdita di liquido cerebrospinale.                    
L’età superiore ai 40 anni è fattore prognostico sfavorevole sia per la durata ed il numero di sintomi post-concussivi  che per il tempo ed il recupero dei deficit cognitivi. Il quoziente intellettivo è correlato direttamente al grado di recupero del deficit come anche la positività anamnestica di precedenti psicopatologici. Gli alti livelli di alcool al momento del trauma o l’uso di alcolici dopo il trauma influenzano anch’essi negativamente la prognosi rispetto al pieno recupero cognitivo. La percentuale di pazienti con cefalea dopo 1 mese varia dal 31,3% al 90%, a 3 mesi dal 47% al 78%, e ad 1 anno dal 8,4% al 35% [29]. La percentuale di pazienti che non risponde completamente alla terapia è stimata  intorno al 20-25% a 6 mesi; il 12%, invece, a distanza di 5 anni dal trauma lamenta ancora cefalea [2].
Nella pratica clinica quotidiana può essere utile l’applicazione di algoritmi diagnostici (vedi appendice) al fine di un più rapido e preciso inquadramento.

Esami strumentali
La  diagnostica strumentale dei traumi cranici ha fatto, negli ultimi 15-20 anni, importanti progressi grazie alle nuove tecniche di neuroimaging: la risonanza magnetica nucleare (RMN), ad esempio, ha permesso di evidenziare alterazioni limitate, parcellari, anche in seguito a traumi di lieve entità.
Elettroencefalogramma (EEG). L’esame EEG non è, di solito, di grande aiuto. E’ possibile osservare alterazioni immediatamente dopo il trauma che debbono essere monitorate con successivi controlli e solitamente scompaiono a distanza di qualche settimana [30,31].
Potenziali evocati (PE). Tali esami hanno un limitato valore diagnostico e prognostico e non sono raccomandati nell’iter diagnostico routinario.
Esami di neuroimaging. L’esame radiografico diretto del cranio e del rachide hanno visto notevolmente ridimensionate la loro importanza diagnostica; trovano la loro indicazione elettiva per la ricerca e lo studio in dettaglio di eventuali fratture o lussazioni.
La tomografia computerizzata (TC) e la risonanza magnetica nucleare (RMN) hanno reso possibile una valutazione molto più accurata delle lesioni cerebrali conseguenti a trauma cranico; la TC è da preferirsi in condizioni acute , mentre la RMN appare di maggiore utilità nel dimostrare la presenza di lesioni sub-acute e  croniche e nel suggerire la prognosi [30]. La presenza di alterazioni organiche alla RMN impone un loro monitoraggio nel tempo. Un ruolo particolarmente interessante e promettente, come ampiamente discusso nella fisiopatologia, è destinato alle tecniche di neuroimaging funzionali come la DTI.
Tomografia computerizzata ad emissione di singoli fotoni (SPECT). La SPECT e’ un’ indagine piu’ sensibile della TC nella fase acuta del trauma e puo’essere di aiuto nella prognosi [31].  Gray           et al. [32]  riportano anomalie alla SPECT  nel 60% dei pazienti che hanno subito un trauma cranico rispetto al 25% rilevabile con la TC.
Tests neuropsicologici.  I tests neuropsicologici possono svelare nei traumi cranici alterazioni nei processi di informazione, nella vigilanza, nel tempo di reazione, nell’ attenzione, nella memoria visiva e verbale, nella capacita’ analitica che possono successivamente migliorare o risolversi completamente [31,33]. Essi possono spesso correlare alle indagini strumentali. La valutazione cognitiva ha un ruolo importante sia ai fini prognostici che riabilitativi.   Il recupero delle funzioni cognitive nei traumi cranici lievi avviene in maniera sequenziale. Infatti, Keidel et al [34]  hanno osservato in 30 pazienti con cefalea post traumatica dopo colpo di frusta recupero del deficit di attenzione e concentrazione dopo  6 settimane, mentre entro 12 settimane e’avvenuto il recupero dei deficit di memoria visiva, immaginazione e capacità analitiche. Solo dopo oltre 12 settimane dal trauma i pazienti hanno recuperato la memoria verbale ed il processo di informazione.

Terapia
Come rilevato nei precedenti paragrafi la cefalea post-traumatica costituisce una sindrome complessa la cui terapia deve tener conto di alcuni aspetti che di seguito sottolineamo:
1. non sempre la cefalea (e la sua intensità) è correlata alla gravità del trauma;
2. e’ importante, e non sempre agevole, stabilire il rapporto temporale tra trauma cranio-cervicale e insorgenza della cefalea (v. criteri IHS);
3. strutturazioni psichiche possono sostenere la sintomatologia dolorosa;
4. non trascurabili sono, inoltre, gli aspetti medico-legali e rivendicativi nei traumatizzati della strada e sul lavoro.
Il trattamento della cefalea post-traumatica e’ dettato dalla concomitanza della sindrome clinica associata ed appare fondamentale rilevare la presenza di segni organici e sostanzialmente è identico a quello delle forme primarie a cui si rimanda per i dettagli.
Debbono essere individuate le caratteristiche del dolore (gravativo, urente, pulsante, etc), la localizzazione, la durata (continuo, accessuale).  Da questo si evince l’ importanza di un trattamento personalizzato, che richiede un approccio clinico integrato con l’ impiego di strategie farmacologiche, psicologiche, fisioterapiche spesso combinate tra di loro [35].
Numerosi farmaci sono stati utilizzati con risultati spesso contrastanti: per tale forma di cefalea  esistono pochissimi dati evidence-based, né sono disponibili linee guida specifiche riguardo l’ordine con cui bisogna usare i vari principi.
Prodotti da banco quali l’acido acetilsalicilico, l’acetaminofene, il paracetamolo, l’ibuprofene, ed altri FANS [6,30] sono in grado di ottenere  benefici sulla sintomatologia dolorosa; tuttavia sono da evitare nella cefalea cronica quotidiana per il rischio di abuso o di cefalea da “abuso di analgesici”. Se e’ presente, associato alla cefalea, un quadro psichico di tipo depressivo preparati come l’ amitriptilina [36], l’ imipramina, la maprotilina [37] o gli SSRI ([38] come la fluoxetina, la paroxetina, il citalopram, la sertralina risultano utili in tali pazienti; anche il valproato e’ stato sperimentato con successo [2,6]. Di solito la terapia inizia con un betabloccante (propanololo) associato all’ amitriptilina e circa il 70% dei pazienti ne trae un beneficio significativo [2,6,39].
Le algie facciali post-traumatiche rispondono positivamente all’ amitriptilina o alla carbamazepina se la sintomatologia e’ di tipo nevralgiforme [2]. La ciclobenzaprina, un miorilassante affine ai triciclici puo’ risultare utile se la componente dolorosa muscolare appare predominante [30].
 Sumatriptan e triptani  di seconda generazione (zolmitriptan, rizatriptan) [2,6,40] vanno utilizzati solo se il trauma scatena una forma di cefalea di tipo emicranico o a grappolo; in tal caso nel trattamento di profilassi si utilizzeranno i farmaci ed i protocolli suggeriti dalle linee guida specifiche.
Le cefalee nelle quali esiste una forte componente psicogena, stati d’ansia, depressione e le indagini escludono un danno organico possono giovarsi di un approccio psicoterapeutico [34].
Il training autogeno di Schultz, le tecniche di rilassamento, il biofeedback [41], la stimolazione elettrica percutanea (PENS) [42] in genere sono utili (in particolare nelle forme distorsive del collo) quando esiste una componente muscolare, tensiva del dolore [2, 30,31]. Tuttavia il successo di un sostegno psicologico può essere  vanificato dall’atteggiamento del paziente quando esista un problema rivendicativo legato ad una richiesta di indennizzo frequente nei traumi da incidente stradale e/o sul lavoro.  E’ noto, inoltre, che la ripresa delle attività lavorative ha maggiori possibilità di successo nei soggetti con più alto livello sociale e con un lavoro gratificante.
La terapia fisica, i movimenti attivi, il trattamento chiropratico, i massaggi [6,31] (meglio se con l’aggiunta di pomate revulsive, miorilassanti, antidolorifiche, quali ad esempio il felbinac gel o il tiocolchiloside) possono determinare un concreto miglioramento delle cefalee da trauma cervicale.
            Infine, un ulteriore tentativo terapeutico è costituito dal blocco con anestetici e corticosteroidi locali del nervo grande occipitale. La somministrazione dei farmaci va praticata localizzando precisamente l’area di maggiore dolorabilità attraverso la digitopressione (solitamente circa 2 cm lateralmente all’inion) [2,6].

 

Conclusioni
La cefalea post-traumatica rappresenta ancora un capitolo controverso sebbene le nuove metodiche di indagine sembrano offrire nuovi elementi speculativi e di documentazione delle strutture coinvolte nel danno seppur di lieve entità. Specifici pathways di interesse, negli studi in DTI, vedono coinvolti il fornice ippocampale, il fascicolo fronto-occipitale inferiore, il fascicolo longitudinale inferiore, il corpo calloso, il tratto cortico-spinale e il fascicolo uncinato [43]. Sul piano clinico è possibile individuare markers clinici (cefalea, sonnolenza e nausea) predittori di cefalea post traumatica a 6 mesi, già nei dipartimenti di emergenza quale possibile severa evoluzione di un trauma cranico lieve [44]. Di contro molti dubbi permangono sul fronte della forte componente funzionale del disturbo. Nel 1996 Warner e Fenichel descrissero il caso [45]  di un uomo che aveva assunto analgesici e/o narcotici per 15 anni a causa di una cefalea postraumatica cronica. Egli aveva, inoltre, anche praticato terapie con ansiolitici ed antidepressivi ed alla sospensione di tutti questi farmaci aveva mostrato la scomparsa costante della sua cefalea che a tal punto era stata considerata una forma da rebound. La stessa situazione clinica Warner ha sperimentato in una serie personale di 25 pazienti ed in molti altri casi. Pertanto egli, anche tenendo conto della considerazione di Vanderbilt secondo il quale spesso tra il trauma e l’inizio della cefalea occorre un lasso di tempo in cui vengono largamente usati antidolorifici,  ha concluso che la cefalea post traumatica cronica è da considerare una cefalea da rebound, quindi largamente un “mito” [46]. Hachinsky ha contrapposto a tale affermazione l’opinione di Saper che invece fa notare come siano correlate alla cefalea post traumatica una serie di evidenze cliniche, strumentali, psicodiagnostiche specifiche e quindi “la cosa più importante non può essere quello che succede alla testa, ma alla testa di chi succede” [47].

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