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Una diagnosi differenziale per comprendere le ragioni del mal-essere del paziente

 

Aspetti psicologici e psicopatologici delle cefalee

 

di Ferdinando Pellegrino (*)

 

Le cefalee presentano un ampio spettro di manifestazioni cliniche e l’approccio diagnostico appare non sempre agevole, ma richiede una particolare attenzione in termini di diagnostica differenziale, onde favorire il riconoscimento puntuale delle forme di cefalee secondarie riconducibili a patologie organiche e comunque la comprensione della complessa interazione tra cefalee e patologie organiche a maggiore comorbidita.

Dal punto di vista psichico, alcune forme di cefalee – piu che altre – presentano importanti connotazioni psicologiche e psichiatriche che vanno riconosciute in quanto, se adeguatamente individuate e trattate, la prognosi migliora; e anche noto che alcune forme di cefalea possono essere espressione di disturbo psichiatrico come l’ansia o la depressione. Si tratta di quadri clinici a prevalente espressivita somatica (depressione o ansia mascherata) in cui diventa difficile stabilire l’autonomia clinica della cefalea rispetto alla presenza di problematiche psicologiche o psichiatriche. La chiave di lettura del rapporto tra le cefalee e l’ansia della vita quotidiana passa attraverso i comuni meccanismi di adattamento e di difesa. Nei pazienti cefalalgici si assisterebbe ad un breakdown dei sistemi adattivi fisiologici e psicologici quale manifestazione di un’alterata risposta adattiva allo stress. Le continue sollecitazioni della vita quotidiana, infatti, inducono l’individuo a ricercare risposte adeguate di adattamento onde conservare l’omeostasi biologica dell’organismo. La capacita di fronteggiare gli stressors si realizza attraverso l’integrazione delle risposte endocrine, vegetative, immunologiche, emozionali e comportamentali. Soprattutto per alcune forme di cefalee si ipotizza che la risposta algica debba considerarsi come la risultante dell’azione di challenges psico-sociali (conflitti familiari, stress da lavoro, crisi emotive), variazioni ormonali cicliche, fattori geoclimatici e di altra natura su una personalita fragile e sensibile, con una bassa soglia al dolore (suscettibilita cefalalgica). Risposte adattive stabilmente disordinate sembrerebbero contribuire all’insorgenza di quadri clinici cefalalgici e alla loro cronicizzazione; ne consegue che un corretto approccio medico deve essere biopsicosociale o psicosomatico. Se per alcune forme di cefalee puo essere riscontrata una causa organica ben definita, nella maggior parte dei casi esse rappresentano la convergenza di momenti patogenetici diversi, sia organici che psichici, e in molti casi, ad esempio nelle cefalee del post-ictus cerebrale, puo essere difficile stabilire quanto la cefalea sia ascrivibile alla lesione organica e quanto sia correlata alla perdita del ruolo sociale o all’ansia che sottende la preoccupazione di un nuovo episodio ictale o ancora all’ansia derivante dal dover riadattarsi (distress) ad una nuova condizione di vita, in funzione della malattia. Un esempio molto significativo del complesso rapporto mente-corpo e dato dall’emicrania mestruale, termine che indica la presenza di crisi di cefalea che si verificano prima, durante o immediatamente dopo il periodo mestruale.

L’ansia e la depressione rappresentano i disturbi psichiatrici che si rilevano con maggiore frequenza nei pazienti cafalalgici; occorre valutare in ogni paziente la presenza di questi disturbi che condizionano il decorso della cefalea e rendono piu difficile la gestione del programma terapeutico. L’ansia contribuisce ad innalzare il livello di tensione, favorisce l’instaurarsi di condotte di evitamento ed acuisce le somatizzazioni; il nucleo depressivo alimenta un atteggiamento ipocondriaco, comporta un rallentamento generale dell’ideazione del paziente, un disinteresse per l’area affettiva, lavorativa e sociale, ma puo anche determinare un’accentuazione della tensione con quadri di agitazione psicomotoria. Evidenze scientifiche suggeriscono quindi che la presenza di un disturbo psichiatrico in comorbidita tende a peggiorare il decorso dei quadri cefalalgici, aumentandone sia la frequenza che la gravita e rendendoli mono responsivi al trattamento. La presenza della depressione comporta inevitabilmente un maggiore rischio suicidario con la necessita di optare per un monitoraggio piu assiduo delle condizioni cliniche del paziente in corso di trattamento.

L’elevata incidenza di quadri ansiosi e depressivi in pazienti cefalalgici rende quindi ragione della necessita di considerare l’esame psichiatrico come parte integrante della valutazione di questi soggetti. Il mal di testa esprime spesso un disagio esistenziale, una difficolta a gestire lo stress quotidiano, una inibizione del pensiero che assume di fatto la funzione di un meccanismo di difesa che scatta quando lo stress e il livello di tensione nervosa (iperarousal psicofisiologico) diventano insostenibili. Spetta dunque al medico decodificare l’eventuale presenza di una componente psicologica e comprendere le ragioni del mal-essere del paziente, valutando il livello soggettivo di vulnerabilita al disagio e le situazioni di stress quotidiano oggettive o che il paziente vive come tali. Capita tuttavia di incontrare pazienti cefalalgici che riferiscono di condurre una vita normale, di non avere particolari conflitti e che non vivono situazioni di stress, quindi difficilmente accettano l’invio allo psichiatra o allo psicologo. Il paziente che somatizza, infatti, presenta una intrinseca difficolta a riconoscere e decodificare le proprie emozioni. Tale difficolta, nota in letteratura con il termine alexitimia, appare riconducibile all’attuazione da parte del soggetto di un linguaggio concreto, polarizzato alla descrizione minuziosa dei sintomi piuttosto che dei problemi che hanno favorito l’insorgenza del disagio psichico. Questi pazienti non hanno alcuna confidenza con il proprio mondo interiore, hanno difficolta a provare emozioni, a viverle in modo naturale, a riconoscere il proprio disagio. L’alexitimia rappresenta una vera barriera al rapporto medico-paziente in quanto ostacola l’empatia e ogni tipo di relazione emotiva. In tali circostanze, risulta difficile comprendere le ragioni della sofferenza psicologica. Occorre pertanto soffermarsi a lungo con il paziente, instaurare un buon rapporto e lavorare sui fattori di personalita che condizionano il suo stile di vita, comprendere in che modo il paziente gestisce il quotidiano, i suoi impegni, le sue preoccupazioni.

 

 

Bibliografia

 

  • Pellegrino F, Psicosomatica, Mediserve, Milano-Firene-Napoli, 2004
  • Pellegrino F., Ansia, vita quotidiana e cefalea, Percorsi editoriali di Carocci Editore, Roma, 2008
  • Pellegrino F, Personalita ed autoefficacia, Springer, Milano, 2010

 

 

 

(*) Psichiatra, Psicoterapeuta - DSM ASL Salerno

 

 

 

 

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