Soffrire  in versi: parole eterne, cori di tempi passati da Autori Mediterranei 
         
	     GIACOMO LEOPARDI
	     
	     La sera del dì di festa
	     
In: Giacomo Leopardi, Poesie e prose. Vol. 1: Poesie, Arnoldo Mondadori Editore, Milano,2006

           
La sera del dì di festa
Dolce e chiara è la notte e senza  vento,
             e queta sovra i tetti e in mezzo  agli orti
             posa la luna, e di lontan rivela
             serena ogni montagna. O donna mia,
             già tace ogni sentiero, e pei  balconi
             rara traluce la notturna lampa:
             tu dormi, che t’accolse agevol  sonno
             nelle tue chete stanze; e non ti  morde
             cura nessuna; e già non sai né  pensi
             quanta piaga m’apristi in mezzo al  petto.
             Tu dormi: io questo ciel, che sì  benigno
             appare in vista, a salutar  m’affaccio,
             e l’antica natura onnipossente,
             che mi fece all’affanno. A te la  speme
             nego, mi disse, anche la speme, e  d’altro
             non brillin gli occhi tuoi se non  di pianto.
             Questo dí fu solenne: or da’  trastulli
             prendi riposo: e forse ti rimembra
             in sogno a quanti oggi piacesti, e  quanti
             piacquero a te: non io, non già  ch’io speri,
             al pensier ti ricorro. Intanto io  chieggo
             quanto a viver mi resti, e qui per  terra
             mi getto, e grido, e fremo. O  giorni orrendi
             in così verde etate! Ahi, per la  via
             odo non lunge il solitario canto
             dell’artigian, che riede a tarda  notte,
             dopo i sollazzi, al suo povero  ostello;
             e fieramente mi si stringe il core,
             a pensar come tutto al mondo passa,
             e quasi orma non lascia. Ecco è  fuggito
             il dí festivo, ed al festivo il  giorno
             volgar succede, e se ne porta il  tempo
             ogni umano accidente. Or dov’è il  suono
             di que’ popoli antichi? or dov’è il  grido
             de’ nostri avi famosi, e il grande  impero
             di quella Roma, e l’armi, e il  fragorio
             che n’andò per la terra e l’oceàno?
             Tutto è pace e silenzio, e tutto  posa
             il mondo, e più di lor non si  ragiona.
             Nella mia prima età, quando  s’aspetta
             bramosamente il dì festivo, or  poscia
             ch’egli era spento, io doloroso, in  veglia,
             premea le piume; ed alla tarda  notte
             un canto che s’udia per li sentieri
             lontanando morire a poco a poco,
             già similmente mi stringeva il  core.
Biografia  
        
        
Giacomo  Leopardi nasce a Recanati il 29 giugno 1798 da famiglia aristocratica. Il padre  è un uomo colto, ma incapace di comprendere la grandezza del figlio. La madre è  rigida, poco affettuosa. La fanciullezza trascorre però serena: nel canto “Le  ricordanze”, il poeta ormai adulto ricorderà che nelle vaste sale del palazzo  paterno rimbombavano «i sollazzi e le festose mie voci». Negli anni  dell’adolescenza Giacomo studia il latino, il greco e l’ebraico, avviando  quella vita di studio intenso che più tardi chiamerà “matto e disperatissimo”.  Inizia a comporre versi, traduce autori classici (Virgilio, Orazio, Mosco,  Frontone), scrive lavori eruditi, fra cui una “Storia dell’astronomia”. Ma la  salute inizia a risentirne: mostra i primi sintomi di depressione e i primi  problemi alla colonna vertebrale. 
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           
Il fratello Carlo scriverà di averlo visto  più volte, svegliandosi nel pieno della notte, «in ginocchio avanti il tavolino  per potere scrivere fino all’ultimo momento col lume che si spegneva». Fra il  1816 e il 1817 vive la cosiddetta “conversione letteraria”, ossia il passaggio  dall’erudizione alla poesia (“lettere belle”), e inizia a maturare quell’amore  per la gloria artistica che, anche nei momenti più tristi della sua vita, gli  sarà di qualche conforto. Nel 1817 si innamora della cugina Geltrude Cassi, di  passaggio a Recanati: per lei scrive un appassionato “Diario d’amore” e  l’elegia “Il primo amore”. L’anno successivo muore Teresa Fattorini, figlia del  cocchiere di casa Leopardi: dieci anni dopo il poeta la canterà, in uno dei  suoi canti più intensi, con il nome di Silvia.
Nel  1819 lo stato sempre più precario della salute, la freddezza dell’ambiente  familiare, l’intolleranza per il “borgo selvaggio” di Recanati lo spingono ad  abbandonare la fede religiosa e ad abbracciare una concezione materialistica  della vita: è la “conversione filosofica”, che fa di lui un precursore  dell’esistenzialismo. A luglio tenta invano di fuggire da casa, dopo aver  scritto al padre una lettera traboccante di amarezza e di ambizione: «Voglio  piuttosto essere infelice che piccolo, e soffrire piuttosto che annoiarmi».  Forse a settembre, compone “L’infinito”, il primo del “piccoli idilli”, cui  seguiranno – negli anni immediatamente successivi – “La sera del dí di festa”,  “Alla luna” e “La vita solitaria”. Nel 1822 si trasferisce a Roma, ma non ne  prova alcun piacere: la vita letteraria locale lo delude profondamente. Nel  1823 torna a Recanati, e l’anno successivo scrive le “Operette morali”. Fra il  1825 e il 1828 visita Milano, Bologna (ove si innamora della contessa Teresa  Carniani Malvezzi), Firenze, dove conosce Alessandro Manzoni, e Pisa. Qui,  sollevato dalla dolcezza del clima, compone «versi veramente all’antica e con  quel cuore d’una volta»: nascono “Il risorgimento” e “A Silvia”. Tornato per  l’ultima volta a Recanati, compone i “grandi idilli”: “Le ricordanze”, “Il  passero solitario”, “La quiete dopo la tempesta”, “Il sabato del villaggio” e  “Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”. 
Nel 1830 parte per Firenze,  ove conosce e ama appassionatamente la nobildonna Fanny Targioni-Tozzetti, e si  lega con fraterna amicizia ad Antonio Ranieri, esule politico napoletano. A  Firenze compone una serie di canti ispirati all’amata, fra cui “Il pensiero  dominante” e “Amore e morte”. Nel 1833 si sposta a Napoli con l’amico Ranieri,  e prende dimora in una villa alla falde del Vesuvio: qui comporrà “La ginestra”  e “Il tramonto della luna”. Gli ultimi anni di vita sono segnati da sofferenze  fisiche sempre più crudeli, in particolare a causa dell’asma. 
Muore  improvvisamente il 14 giugno 1837. Le sue ceneri riposano presso la tomba di  Virgilio nel Parco Vergiliano di Piedigrotta. E’ ricordato e amato come il  maggior poeta dell’Ottocento italiano e una delle più importanti figure della  letteratura di tutti i tempi.
  
    
    Simonide
    
      Il lamento di Danae 
  
    (Traduzione di Salvatore Quasimodo)
    
    
    Mimnermo
    
      Noi siamo come  foglie
  
    (Traduzione di Gennaro Perrotta)
    
    
    Paolo Silenziario
    
      Stavo per dirti Addio 
  
  (Traduzione di Salvatore Quasimodo)
        Giacomo Leopardi
        
          La sera del dì di festa 
            Vincenzo Cardarelli
            
  Non so dove i gabbiani trovino pace
    Angelo Maria Ripellino
    
      Dove ci incontreremo dopo la morte?
    Giuseppe Ungaretti
    
      Veglia notturna di un soldato
    
  Alda Merini
  
    Ieri ho sofferto il dolore
    Giuseppe Lauriello
    
      A una figlia d'Africa